COMITATO VOCI VERE VITTIME DELLA BASSA MODENESE
Fabrizio Sosso

C'E' BISOGNO DI INVENTARE ABUSI SESSUALI?
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Nella narrazione pubblica si è creato un solido legame tra l’inchiesta di Bibbiano e i processi (conclusi con 14 condanne definitive a carico di 12 persone per aver abusato sessualmente diversi bambini) per i fatti della Bassa Modenese degli anni ’90, oggetto del lavoro di Trincia; per le numerose inesattezze e omissioni di quest’ultimo lavoro, si rimanda al post del 7 marzo 2020 e del 23 maggio 2020 della pagina Fb Voci Vere (https://www.facebook.com/vocivere/ ). In entrambe le vicende vi è un gruppo, non molto nutrito, ma rumoroso e molto ascoltato nei salotti televisivi, di operatori del settore che hanno convinto una parte di opinione pubblica che psicologi e assistenti sociali creassero ad arte falsi abusi sessuali intrafamiliari su minori per varie motivazioni economiche o ideologiche. Siamo qui a dimostrare che questa tesi è priva di ogni fondamento e possibilità di essere vera.
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ESISTE LA POSSIBILITA’ DI INVENTARE UN ABUSO SESSUALE?
NO
Partiamo da un presupposto che pensiamo possa essere considerato pacifico: un abuso sessuale, a seconda del grado di violenza e della pratica messa in atto può lasciare oppure no segni fisici obiettivamente valutabili e specifici.
Per quanto riguarda i fatti della Bassa Modenese le numerose perizie effettuate da più periti in tutti e tre i gradi di giudizio nei vari processi hanno riscontrato questo genere di segni. Vi sono, pertanto, evidenze oggettive delle violenze, non solo sessuali talvolta, che non sono contestabili (si rimanda nuovamente alla pagina fb Voci Vere post del 7 marzo 2020 e del 23 maggio 2020)
Vi sono, in generale, tuttavia anche casi in cui le violenze sessuali imposte ai bambini non lasciano segni fisici obiettivamente riscontrabili. In questi casi il lavoro della Magistratura nell’accertamento dei fatti si fonda quasi del tutto su due pilastri: le testimonianze sia delle piccole vittime sia, eventualmente ma non sempre, di altri membri della famiglia (spesso le madri, se non sono partecipi degli abusi), e gli indicatori psicologici della presenza di un trauma sessuale nel bambino.
Ecco che, quindi, nei processi per abuso sessuale intrafamiliare la questione dell’attendibilità delle testimonianze diventa un perno importante attorno al quale ruotano tutte le strategie processuali; in particolare la strategia della difesa di chi è indagato/imputato è spesso tutta orientata a screditare, o anche solo mettere in dubbio, la veridicità dei racconti dei testimoni.
La questione dell’attendibilità della memoria, in particolare quella traumatica, è articolata e complessa: vi sono molti studi in proposito e lo stato dell’arte, ad oggi, è che è sì possibile indurre ricordi falsi di fatti mai avvenuti in una persona, ma solo finché si tratta di ambiti noti alla persona stessa (parole, numeri, o fatti verosimili rispetto alla sua storia personale), mentre non è mai stato possibile indurre in una persona ricordi falsi di avvenimenti lontani da esperienze simili ad altre già vissute (esperimento del ricordo del clistere, 0, zero, bambini convinti di averlo subito), a questo proposito si legga questo interessante articolo http://www.andreamazzeo.it/docu/noto-iv.pdf
Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile indurre un falso ricordo di abuso sessuale in un bambino che non ne abbia mai subito o quantomeno visto uno NÉ SI CONOSCONO TECNICHE EFFICACI PER FARLO.
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CHI ACCUSA FOTI E SCREDITA LE VITTIME DELLA BASSA MODENESE?
CHI SONO I FIRMATARI DELLA CARTA DI NOTO?
Innanzitutto una premessa: la Carta di Noto, le cui indicazioni, secondo le perizie dell’inchiesta di Bibbiano, non sarebbero state rispettate da Claudio Foti e dagli altri indagati, è un documento di cui esistono almeno 4 versioni (simili ma non identiche tra loro) redatte negli ultimi 25 anni e firmate da alcuni professionisti di psicologia forense in ambito minorile (anche le firme delle varie versioni cambiano, eccetto 2, quelle di Guglielmo Gulotta e Giovanni Battista Camerini, presenti in tutte) che non ha alcun valore legale ufficiale (nessuna istituzione, cioè, ha assunto quelle indicazioni come protocolli obbligatori, né ne ha riconosciuto validità scientifica oggettiva), al contrario, esistono alcune sentenze della Corte di Cassazione che la censurano, definendola, in alcuni casi “famigerata”.
Gli estensori della Carta di Noto fanno loro anche posizioni molto curiose sulla pedofilia e sull’abuso sessuale: in Linee guida nazionali, L’ascolto del minore testimone, Giuffrè, 2014, (questo è il nome ufficiale della Carta di Noto) Gulotta e Camerini (tra le pagine 195 e 199) citano studi di Okami (1990, alla faccia dell’attualità) e Rind (1998) per sostenere che l’abuso sessuale sul bambino non sia sempre e necessariamente traumatico o dannoso. Okami viene citato da Gulotta e Camerini qui per un articolo in cui sostiene che il vero abuso sessuale è solo quello che prevede costrizione fisica, mentre se vi è seduzione, questo faccia parte della normale vita affettiva del bambino.
Queste sono le basi culturali degli estensori della Carta di Noto, una sostanziale minimizzazione della dannosità della pedofilia.
Pertanto, il “mancato rispetto” delle indicazioni di quel documento non solo non costituisce un reato o un indizio di reato, ma nemmeno indica l’utilizzo di protocolli o tecniche non approvate o scientificamente valide.
Al contrario i firmatari di questo documento dovrebbero raccontare di più sulle loro “fonti scientifiche”; se si scava più approfonditamente di come è possibile in questo articolo, le si scopre pericolosamente vicine a tanti apologeti della pedofilia.
ESISTE UNA COINCIDENZA PRESSOCCHE’ PERFETTA TRA I PROFESSIONISTI CHE SI RICONOSCONO NELLA COSIDDETTA “CARTA DI NOTO” E COLORO CHE APPLICANO LE TEORIE LEGATE ALLA PAS (E DERIVATI)
Quella della PAS è una teoria secondo cui, durante una causa di divorzio, un genitore (definito alienante) attua tutta una serie di operazioni tese a recidere il legame tra il figlio e l’altro genitore (definito alienato), per scopi vari di natura psichica e/o materiale.
Quello che interessa a noi è il forte legame tra PAS e abuso sessuale: secondo i suoi sostenitori, infatti, uno degli indicatori principali di PAS è l’accusa verso l’altro genitore di abuso sessuale (secondo costoro se c’è accusa di abuso allora c’è PAS).
Prima di proseguire una considerazione: una madre che scopre il proprio marito che violenta la/il propria/o figlia/o È NORMALE E’ SANO CHE FACCIA DI TUTTO PER ALLONTANARLA/O E PROTEGGERLA/O.
La diagnosi di PAS passa necessariamente dalla messa in dubbio dell’autenticità dei racconti dei bambini: per diagnosticare la PAS il perito considera i racconti del bambino fasulli e indotti dal genitore alienante con la complicità di psicologi e assistenti sociali.
Abbiamo già visto che non esistono tecniche note efficaci per creare un falso ricordo di abuso sessuale
LA PAS E DERIVATI NON È ATTUALMENTE E NON E’ MAI STATA INSERITA IN NESSUN MANUALE DIAGNOSTICO UFFICIALE NE’ CON QUESTE DENOMINAZIONI NE’ CON ALTRE.
LA PAS E’ STATA TEORIZZATA PER LA PRIMA VOLTA DA RICHARD ALAN GARDNER E RIPRESA E SOSTENUTA DA PERSONAGGI CHE RITENEVANO LA PEDOFILIA UN NORMALE ORIENTAMENTO SESSUALE UMANO NON DANNOSO PER IL BAMBINO
Pertanto, gli operatori che utilizzano nei processi queste definizioni o questi concetti (a volte chiamandoli diversamente), utilizzano teorie che, pur essendo state concepite alcuni decenni fa, non solo non hanno mai trovato riscontri scientificamente validi, ma, al contrario, sono andati incontro a bocciature scientifiche severe e hanno un’origine eticamente spaventosa.
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MOLTI DEGLI ESPERTI INTERPELLATI DA PABLO TRINCIA NELLA SUA INCHIESTA “VELENO” E LE CTU RITA ROSSI E MELANIA SCALI CHE HANNO VALUTATO IL LAVORO DI FOTI A BIBBIANO SOSTENGONO APERTAMENTE E CONVINTAMENTE QUESTA TEORIA DI NESSUNA VALIDITA’ SCIENTIFICA.
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Approfondiamo, quindi un po’ sulla storia della PAS, tanto sostenuta dagli accusatori mediatici e giuridici di Claudio Foti: il primo a teorizzarne l’esistenza, a definirla e a tracciarne i criteri diagnostici è stato il famoso Richard Allan Gardner.
Qui di seguito riportiamo alcune affermazioni di quest’uomo, padre della PAS:
- “Egli (il padre pedofilo ndr) deve arrivare a capire che in particolare nella nostra civiltà occidentale si osserva un atteggiamento molto punitivo e moralista verso questo tipo di inclinazioni (la pedofilia ndr). Siamo cresciuti in una società in cui la pedofilia è fortemente scoraggiata e addirittura condannata” (R.A.Gardner, True and false accusations of child sex abuse, Creative Therapeutics, Cresskill NJ, 1992, pag 593)
- “I nostri ormoni non sanno nulla del tabù dell’incesto; l’eccitazione sessuale intra familiare è probabilmente universale. Come detto tutti da bambini sono dei perversi polimorfi e c’è un po’ di pedofilia in ognuno di noi” (R.A.Gardner, Sex abuse Isteriaed Creative therapeutics, op. cit. pag 118)
Se si scava approfonditamente nei riferimenti culturali e “scientifici” citati dai firmatari della Carta di Noto e sostenitori della PAS nei loro scritti si trovano molti personaggi simili, se non peggiori.
Gardner è un autore molto citato nei lavori di Rita Rossi e Melania Scali (le CTU che accusano gli indagati di Bibbiano) e dagli esperti ascoltati da Trincia per la sua inchiesta Veleno
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ESISTE UN INTERESSE ECONOMICO O IDEOLOGICO
AD INVENTARE ABUSI SESSUALI?
NO
Iniziamo con una premessa “istituzionale”: i Servizi Sociali in Italia sono gestiti dai Comuni (o consorzi di essi) e dalle ASL, e finanziati da questi ultimi soggetti o da progetti regionali e nazionali, pertanto si osservano alcuni fenomeni. Innanzitutto, non è possibile dare una cifra complessiva dell’investimento pubblico in questo settore (non vi è, cioè, uno specifico capitolo del bilancio dello Stato). In secondo luogo, la competenza comunale in materia crea situazioni molto diverse tra loro.
La seconda premessa da fare è che questi servizi, come molti altri, sono gestiti tramite enti pubblici (i vari consorzi per i servizi sociali e/o ASL) che spesso appaltano alcuni servizi (per esempio le strutture di accoglienza, ma non solo) ad organizzazioni di diritto privato: cooperative, Onlus, associazioni. Questo modello organizzativo, che ha il pregio indubbio di una maggiore agilità di riposta ai bisogni, oggi, da alcuni commentatori, viene preso di mira per un presunto “conflitto di interesse” negli operatori che avrebbero un vantaggio economico a creare inesistenti casi di violenza familiare per arricchirsi riempiendo le strutture di accoglienza di amici.
Vediamo cosa c’è di vero, a partire da Bibbiano:
le carte processuali contestano agli indagati l’appropriazione, mediante le maniere sopra descritte, di risorse pubbliche per circa 200.000 euro in 5 anni, con un’organizzazione che coinvolge circa 30 persone (gli indagati): l’accusa cioè sostiene che queste 30 persone avrebbero commesso reati gravissimi per guadagnare in media circa 1000 euro l’anno per 5 anni. Alcune di esse (gli psicologi di Hansel e Gretel), per guadagnare questa “mirabolante” cifra, oltre a commettere gravi reati, hanno anche affrontato frequenti spostamenti e trasferte tra Torino e Bibbiano (circa 270km).
Un semplice conto economico dimostra che questa accusa è del tutto infondata
Infatti, va riconosciuto, nel dibattito pubblico è in parte caduta.
Viene contestato agli indagati che il costo delle cure psicologiche fosse eccessivo (135 euro); oltre a ricordare che questo denaro rimborsava anche la trasferta di 270 km degli psicologi, si fa presente che Claudio Foti ha un lunghissimo curriculum di esperienze, formazioni e pubblicazioni sull’abuso (vera la laurea in Lettere di Claudio Foti, come succede a molti psicologi ultrasesssantacinquenni, ma i curriculum si leggano per intero) e una chiara e specchiata fama in materia.
Chi contesta questa cifra, quando vuole far curare i propri figli, va al risparmio?
Nel passare da Bibbiano alla situazione nazionale parliamo delle famiglie affidatarie; esse effettivamente percepiscono un rimborso per il servizio che offrono alla collettività che, a seconda dei comuni va da 200 a 550 euro al mese; chiunque abbia un figlio e sia in buona fede non può sostenere che queste famiglie possano guadagnare qualcosa dal loro atto che invece è di grande coraggio e generosità.
Generosità, se proprio si vuol fare i ragionieri, anche economica: il mantenimento di un figlio (per di più problematico, come può esserlo un minore affidato) costa sicuramente di più anche della cifra massima.
Tutto questo senza contare che l’affidamento è temporaneo, quindi l’investimento economico, energetico e affettivo è del tutto senza tornaconto, a parte la consapevolezza di aver fatto del bene.
Insinuare che le famiglie affidatarie (comprese quelle di Bibbiano e quelle che hanno accolto le vittime della Bassa Modenese) “guadagnino” qualcosa è, semplicemente, folle e meschino.
Infatti, la realtà della tutela dei minori è di una grande difficoltà a trovare famiglie affidatarie e, forse, la parte dell’inchiesta di Bibbiano che solleva dei dubbi su una di queste famiglie è figlia di questa difficoltà.
Parliamo ora delle strutture di accoglienza: la retta media che i comuni pagano a queste strutture è varia da 70 a 110 euro al giorno per minore (a Bibbiano siamo su queste cifre), che comprendono oltre al mero vitto e alloggio, e una serie di servizi molto qualificati di educatori e operatori laureati: dove si trovi il margine per arricchirsi non si capisce. A meno che non si voglia sostenere che la tutela dei minori anziché essere affidata a professionisti (che vanno pagati, per tutto quello che hanno investito nella loro formazione) debba essere affidata al volontariato.
Si fa presente, inoltre, che le rette di queste comunità sono simili, per ordine di grandezza, alle rette delle case di riposo per anziani, che non richiedono altrettante figure professionali.
Quanto al “giro d’affari di miliardi di euro” citato a sproposito da alcuni commentatori, tra cui, in tre diverse trasmissioni televisive di “Quarto Grado, il prof. Meluzzi che lo ha quantificato prima in 2, poi 4, poi 8 miliardi di euro (“chi offre di più?”), in realtà la stima della spesa pubblica complessiva per l’affidamento extrafamiliare dei minori e di circa 500 milioni di euro per circa 26.600 minori nel 2016 (indagine del Ministero del Lavoro e Politiche sociali), i miliardi non si vedono.
Nella tutela dei bambini non è il caso di fare i taccagni
Da ultimo si rimanda a questo studio commissionato dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (https://terredeshommes.it/dnload/Indagine-Maltrattamento-bambini-TDH-Cismai-Garante.pdf), in cui, tra i vari dati ne emergono significativamente due: il primo è che l’incidenza di minori presi in carico dai Servizi Sociali per maltrattamento è significativamente più bassa di molti paesi esteri e, in particolare, rispetto all’Europa (p. 26).
A meno di non postulare che le famiglie italiane siano meno problematiche (nella fattispecie violente) di quelle dei paesi a noi più vicini e affini (e non vi è alcun elemento che lo faccia pensare), si può concludere da questo dato che il fenomeno della violenza sui minori (sessuale e non) sia in Italia sottostimato, non sovrastimato; in conclusione:
NON C’E’ ALCUN BISOGNO DI INVENTARE ABUSI SESSUALI (QUALUNQUE SIA IL MOTIVO FANTASIOSO CHE SI VOGLIA ATTRIBUIRE A CHI LO FAREBBE): CE NE SONO A BIZZEFFE IN ATTESA SOLO DI ESSERE SCOPERTI