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I PROCESSI RECENTI

Revisione Famiglia Galliera

Con ricorso del 30 aprile 2001 i coniugi Galliera Romano e Ponzetto Adriana proponevano istanza di revisione avverso la sentenza  22 marzo 1999 della Corte d’Appello di Bologna (passata in giudicato per il respinto ricorso in Cassazione), con la quale i predetti erano stati condannati, il primo a dieci anni di reclusione, la seconda ad anni sei di reclusione.

Alla base dei motivi del ricorso vi era l’assunto che se il figlio D. era stato ritenuto inattendibile nel secondo processo per i reati in ambito rituale (dai quali i Galliera erano stati assolti in appello), parimenti doveva essere ritenuto inattendibile anche per i fatti narrati sugli abusi domestici, pertanto la loro condanna nel primo processo doveva essere annullata. L’istanza di revisione veniva accolta e fu disposto il dibattimento sull’esame degli atti acquisiti del secondo processo.

 

LE SENTENZE

Al termine del giudizio, la Corte d’Appello di Ancona , con sentenza n.1364/2005, riteneva infondato il ricorso e rigettava la domanda di revisione.

Osservava la Corte che affermare, da parte degli istanti, come “prova nuova” una “inattendibilità sopravvenuta” del piccolo testimone implicherebbe una valutazione diversa delle prove di colpevolezza già assunte nel processo oggetto di revisione e non, come invece necessario, l’introduzione di elementi estranei e diversi da quelli definiti e già coperti da giudicato. In breve, la Corte ritenne che tutti gli elementi portati a sostegno dell’istanza, e presentati come “prove nuove”, erano tutti elementi già valutati dai Giudici e pertanto inaccoglibili. In pratica, i Galliera non avevano fatto altro che riproporre nell’istanza di revisione i motivi di gravame proposti, e dichiarati infondati, nell’appello del secondo processo.

Il Giudice della revisione fa sua la sentenza d’appello del pedofili bis n.1657/01, dove si legge che in relazione ai racconti sui riti, il bambino riferisce un “nucleo di verità”. Inoltre, la stessa sentenza assolve dal reato di sequestro di persona “non essendo stata raggiunta prova sufficiente della responsabilità dei prevenuti, attesa la mancanza degli indefettibili riscontri”.

Ancora “non si ha motivo di ritenere che i racconti di D. siano stati creati dal nulla e sotto la pressione degli operatori che l’assistevano” essendo il bambino “propostosi in modo spontaneo ai suoi interlocutori, raccontando fatti che non avrebbero potuto pervenirgli per il grado di precisione circostanziale se non da un’esperienza effettivamente vissuta e da una esposizione personale agli eventi che lo hanno visto protagonista”.

Fra gli elementi presentati come “prova nuova” ci fu anche quello relativo alle pretese “dolose suggestioni” della Dott.ssa Donati sul bambino, che era già stato anche motivo di appello (dichiarato infondato) nel secondo processo. Come per il resto, anche qui la Corte d’Appello di Ancona fa sue le motivazioni e le conclusioni della C.A. sent. N.1657/01., trattandosi appunto di elementi già valutati da quel Giudice.

La decisione della Corte di Ancona è stata confermata in Cassazione.

 

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Revisione Scotta, Lamhab

Con ricorso del 14 marzo 2019 Scotta Federico proponeva istanza di revisione  avverso la sentenza n.771/99 della Corte d’Appello di Bologna ( divenuta irrevocabile per il respinto ricorso in Cassazione), con la quale era stato condannato ad anni nove di reclusione.

Con distinti ricorsi del 1 ottobre 2019 Scotta Federico e l’ex coniuge Kaemphet Lamhab proponevano ricorso per la revisione della sentenza  n.1657/01 della Corte d’Appello di Bologna ( passata in giudicato per il respinto ricorso in Cassazione), con la quale il primo veniva condannato alla pena di anni due di reclusione, in aumento per la continuazione con i reati di cui al precedente processo, rideterminando così la pena in complessivi anni undici di reclusione, la seconda alla pena di anni  due e mesi sei.

 

LE SENTENZE

Con sentenze n. 1207 e 1208 del  22.09.2020 la Corte d’Appello di Ancona rigettava entrambi i ricorsi presentati da Federico Scotta e Khaempet Lamhab per la revisione dei due processi in cui subirono condanne, svoltisi negli anni 2000, 2001.

Motivo fondante delle decisioni è quello secondo cui le prove nuove proposte dai ricorrenti “non sono in grado di alterare il quadro probatorio alla luce del quale intervennero le condanne oggetto di revisione”. Gli elementi “nuovi” presentati non possono “giovare alla tesi difensiva dell’atteggiamento preconcetto degli operatori sociali, rei “, secondo la difesa, di aver “orientato, inquinandole, le dichiarazioni dei minori in senso colpevolista, dovendosi, piuttosto apprezzare la solidità dell’impianto logico argomentativo delle sentenze impugnate”.

Specificamente, sull’esame degli elementi portati dalla difesa, troviamo una serie di importanti precisazioni che sconfessano del tutto le tesi sostenute dal giornalista Pablo Trincia in “Veleno”.

Sul fatto della pretesa suggestione operata dalla Dott.ssa V.D., la Corte sottolinea che “le prime rivelazioni dei minori abusati non furono effettuate alla Dott.ssa V.D.”, ma ad altre persone, “senza contare che quanto riferito alla psicologa, venne ribadito davanti ai giudici, in dibattimento”.

Ancora, viene osservato che è mancata “l’indicazione di fatti specifici di carattere manipolativo, in un preciso contesto spazio-temporale”. Inoltre, “dell’inesistenza di etero suggestioni condizionanti durante l’ascolto dei minori dava atto anche la sentenza di questa Corte del 23.11.2005 n. 1364” (con la quale veniva respinta una revisione presentata da altri condannati negli stessi processi).

Sulla pretesa esistenza, ora come allora, (in riferimento cioè ai fatti di Bibbiano) di un “giro d’affari” dei Servizi in territorio emiliano volto ad allontanare minori dai genitori naturali mediante accuse infamanti, la Corte ritiene saggiamente che per fare ciò “non è necessario indurlo (il minore) a fargli dire di aver subito abusi sessuali”, essendo sufficiente allo scopo “fargli dire di essere percosso, di non essere alimentato e curato, senza arrivare agli abusi sessuali”.

Sulla pretesa inadeguatezza del “processo di disvelamento progressivo” seguito dalle psicologhe di scuola Cismai, la Corte precisa che, come riconosciuto anche nella sentenza C.A. 1141/2013, allegata dalla stessa difesa, “la gradualità e progressività delle dichiarazioni dei minori, in sé, è circostanza assolutamente normale in bambini abusati, dovendo sovente il minore vincere la paura e la vergogna… e dovendo potersi fidare dei suoi interlocutori”.

Sul richiamo della difesa alla Carta di Noto, la cui prima versione risale al 1996, poco prima dei fatti, la Corte osserva che “non è affatto conferente, in quanto le linee guida sull’ascolto del minore non costituiscono l’enunciato di tecniche scientifiche verificabili attraverso lo strumento della falsificabilità, quanto piuttosto un insieme di cautele, precauzioni e modelli comportamentali” per ridurre al minimo “traumatiche ricadute esperenziali in funzione della protezione psicologica  del minore…”: in proposito la Corte richiama giurisprudenza conforme della S.C. .

Inoltre, se anche risultassero non applicati i criteri della Carta, ciò “non determina nullità o inutilizzabilità della prova; … non significa necessariamente che il narrato del minore sia falso… semmai le metodiche a suo tempo prescelte… ressero nello scrutinio di validità dei giudici che le ritennero funzionali allo scopo e non impregnate di cd. errori scientifici tali da produrre la falsificazione di dati obiettivi”.

Secondo la Corte, non viene altresì offerta dimostrazione che l’osservanza dei criteri della Carta avrebbe “sicuramente permesso di conseguire dati obiettivi nuovi…non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili”.

Sulle deposizioni testimoniali offerte dalla difesa, la Corte ritiene che ”non hanno l’attitudine di minare alle basi, di smentire dalle sue fondamenta l’impianto accusatorio che portò alle condanne ”. Ancora, “il mero dubbio postumo insorto nel propalante, oggi divenuto adulto, sull’affidabilità di quanto a suo tempo dichiarato in età minore, non è presupposto di ammissibilità del giudizio di revisione… essendo fuori dalla nozione di nuova prova….Il nuovo esame di soggetti già sentiti in età minore è ben lungi dall’essere definibile una prova decisiva, ma semmai è una prova aperta ad ogni esito……” Per l’ammissibilità della revisione gli elementi decisivi sono quelli che, se accertati, “dimostrano che il condannato deve essere prosciolto” (art. 630 c.p.p.).

Rincarando la dose, la Corte osserva che i potenziali testi offerti dalla difesa “possano aver dissociato gli eventi traumatici realmente patiti da bambini, non essendo peregrino, in termini di lettura psicoanalitica, il processo di distacco della memoria della violenza subita che è reazione psicologica difensiva piuttosto diffusa tra le vittime di traumi sessuali”.

Inoltre, la Corte rileva che l’attendibilità della ritrattazione debba essere vagliata in modo rigoroso: sarebbe necessario un precedente giudicato “che accerti che il ritrattante abbia dichiarato il falso”, ma nel presente caso ciò non è possibile trattandosi di persone “all’epoca non imputabili, ipoteticamente indotti in errore determinato dall’altrui inganno”.

Dovrebbe essere la Corte adita a “procedere incidentalmente all’accertamento della calunnia indotta o della falsità indotta delle propalazioni”, ma, come viene rilevato “questo aspetto non viene espressamente dedotto nelle richieste di revisione, né adeguatamente esplicitato nelle stesse dichiarazioni assunte nelle investigazioni difensive ".

Occorrerebbe in ogni caso poi verificare che la falsità (accertata) “si pone in termini di causa-effetto rispetto alla pronuncia revocanda, aspetto non sviluppato nelle richieste di revisione”.

Sulle tante pretese incongruenze delle sentenze impugnate, (riguardanti le perizie mediche, le testimonianze dei bambini e altro), la Corte rileva che non è consentito, in sede di revisione, reiterare “apprezzamenti critici in ordine a dati storici ed esperenziali già esaurientemente esaminati, con autonoma ed oltremodo esauriente ricostruzione logica dei giudici emiliani, aprendo la strada ad ulteriori e inammissibili prospettazioni di elementi di giudizio già valutati”.

Sulle richieste delle parti civili di procedere all’esame delle parti costituite, la Corte ne decreta l’inammissibiltà, poiché formulate in adesione alle richieste della difesa.

Questi sono solo alcuni dei punti salienti delle sentenze, ma come si può notare, molto significativi: non solo vengono smontate le tesi dell’autore di Veleno, ma anche quelle di molti altri “esperti” in materia. Per converso, vengono avallate le istanze sempre sostenute del nostro Comitato VOCI VERE a difesa di coloro che furono le vere vittime.

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Con la Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. IV,  N.16566, del 11/01/2022 la Suprema Corte ha respinto in via definitiva i ricorsi presentati da due condannati per la revisione dei loro processi di 20 anni fa nella nota vicenda di pedofilia della Bassa Modenese.

Si legge nella sentenza della Cassazione, che conferma in toto le motivazioni addotte dalla Corte d’Appello :

1) “….la Corte d'appello ha evidenziato che nessun rilievo potevano assumere gli elementi dedotti come prove nuove, poiché i minori vittime di abusi ( …..) erano stati considerati attendibili e i giudici avevano condannato gli imputati laddove avevano ritenuto che le dichiarazioni dei minori fossero adeguatamente riscontrate. Gli imputati furono invece assolti dalle accuse fondate su dichiarazioni delle vittime rimaste sfornite di riscontri idonei ma non per questo le vittime sono da considerarsi inattendibili. I giudici di merito, nelle sentenze oggetto di richiesta di revisione, hanno infatti fornito un' adeguata indicazione delle ragioni per le quali vennero disattese alcune parti del narrato, come avvenne, per esempio, con riguardo al finto funerale e ai riti satanici”……”.Nelle sentenze oggetto di richiesta di revisione vennero anche chiariti i motivi per i quali si era pervenuti a pronunce di condanna e di assoluzione che non erano affatto contrastanti poiché si basavano su una valutazione frazionata delle dichiarazioni delle vittime, ammessa in giurisprudenza…”

OVVERO :  I NOSTRI RAGAZZI ERANO CREDIBILI ALLORA E LO SONO ANCHE OGGI. NON SOLO, LA SUPREMA CORTE SPIEGA CHIARAMENTE CHE NON ESSERE ARRIVATI ALLE CONDANNE PER I RITI SATANICI NON SIGNIFICA CHE I BAMBINI DI ALLORA SIANO STATI INATTENDIBILI.

2) “…..precisa il Giudice a quo - gli adulti di oggi non ritrattano le dichiarazioni rese all'epoca, onde il mero dubbio postumo insorto nel propalante, oggi divenuto adulto, sull'affidabilità di quanto a suo tempo dichiarato, quando era in età minore, non è presupposto di ammissibilità del giudizio di revisione, collocandosi al di fuori della nozione di "nuova prova", occorrendo piuttosto l'indicazione di nuovi elementi che abbiano la capacità dimostrativa di ribaltare il giudizio di colpevolezza nei confronti del condannato. E correttamente la Corte d'appello sottolinea che la prova richiesta, consistente nel nuovo esame dei soggetti già sentiti in età minore, è lungi dall'essere definibile come prova decisiva, essendo semmai una prova aperta ad ogni esito, ciò che stride con il presupposto di ammissibilità della revisione che impone di considerare decisivi gli elementi che, se accertati, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto…”. Non può cioè “ la revisione avere come presupposto una diversa valutazione del dedotto (Cass., Sez. 2, n. 762 del 19-10-2005, Rv. 232988)”

OVVERO :  LA RITRATTAZIONE DEL SOGGETTO GIA’ SENTITO NON E’ PROVA “NUOVA” NE’ DECISIVA  PER RIAPRIRE IL PROCESSO. PRECISA LA S.C. CHE LE DICHIARAZIONI DI OGGI NON SONO NEANCHE VERE E PROPRIE “ RITRATTAZIONI” MA “MERO DUBBIO POSTUMO”.

 3) “…..La difesa sostiene che un forte elemento di novità sarebbe dettato dalla maturazione psicofisica di chi allora era solo un bambino. Ma non si può, di contro argomenta il giudice a quo -, nemmeno ignorare che i potenziali testimoni di cui la Difesa chiede l'esame, ormai divenuti adulti, possano aver dissociato gli eventi traumatici realmente patiti da bambini, in forza di un processo di distacco dalla memoria della violenza subita, che è reazione psicologica difensiva piuttosto diffusa tra le vittime di traumi sessuali…”

OVVERO : CHI RITRATTA PUO’ AVER DISSOCIATO GLI EVENTI TRAUMATICI SOFFERTI DA BAMBINO E LA VIOLENZA SUBITA VIENE DIMENTICATA COME REAZIONE PSICOLOGICA DI DIFESA, PIUTTOSTO DIFFUSA TRA LE VITTIME DI TRAUMI SESSUALI.

4) “….Va poi ricordato che la fondatezza delle accuse venne desunta da elementi anche diversi dalle dichiarazioni dei minori, a riscontro della sussistenza oggettiva dei fatti di abuso, onde una nuova audizione dei minori sarebbe tutt'altro che decisiva, non potendosi dimenticare che i bambini abusati raccontarono particolari che non potevano far parte del mondo conoscitivo di un bambino se non con un'esperienza direttamente vissuta,….. Dunque nel caso di specie i nova non sono affatto in grado di disarticolare il ragionamento posto a base della declaratoria di responsabilità. E consentire la riapertura dell'istruttoria in sede di revisione significherebbe puntualizza la Corte territoriale - soltanto ammettere la reiterazione di apprezzamenti critici in ordine a dati storici ed esperienziali già esaurientemente esaminati con autonoma ed esauriente ricostruzione logica nelle sentenze oggetto della richiesta di revisione, aprendo la strada ad ulteriori e inammissibili prospettazioni di elementi di giudizio già valutati….”

OVVERO : LE CONDANNE PER PEDOFILIA FURONO COMMINATE ANCHE A SEGUITO DI PROVE ULTERIORI RISPETTO ALLE DICHIARAZIONI DEI MINORI, PERTANTO L’ACCOGLIMENTO DELLA RITRATTAZIONE DELL’ADULTO DI OGGI  NON SAREBBE DECISIVA. INOLTRE LA CORTE SUPREMA SPECIFICA CHE I BAMBINI  RIFERIRONO  FATTI ESTRANEI ALLE LORO SFERA CONOSCITIVA, MA COMPATIBILI SOLO CON ESPERIENZE REALMENTE VISSUTE.

5) “…L'impianto argomentativo a sostegno del decisum è dunque puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico esperito dal Giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, poiché la Corte d'appello ha valutato le potenzialità demolitorie del giudicato ad opera del novum dedotto…..”

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