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RIFLESSIONI SULLA PEDOFILIA

La pedofilia è la più aberrante pratica di violenza che l’uomo possa esercitare sull’uomo. L’abuso di un adulto su un bambino è oggetto delle più dure parole che si trovino nel Vangelo di Gesù. Eppure la cattura dei pedofili risulta sempre difficile perché gli autori di questo crimine sfruttano la condizione di superiorità dell’adulto per nascondere i fatti e screditare le vittime che denunciano: sono dei veri e propri vigliacchi oltre che dei perversi.

Ma come ragiona il pedofilo? Rovescia completamente i fatti. I bambini oggetto degli abusi diventano colpevoli di false accuse, li si ritiene sempre suggestionabili dagli adulti e quindi non ci si dovrebbe mai fidare di quello che dicono.

Ma dove e come vivono i pedofili? Possono trovarsi in qualsiasi ambiente, sotto le vesti di insospettabili e onesti cittadini, soprattutto nei luoghi frequentati da bambini: scuole, asili, oratori, ecc..

E’ assolutamente impossibile riconoscere un pedofilo se ti capita di parlarci. Allora non sono riconoscibili mai?

In realtà ci sono dei comportamenti che, per chi ha una certa esperienza, possono essere riconosciuti come attribuibili ai pedofili. Vediamo quali:

L’abitudine a negare anche l’evidenza. Se vi capita di parlare con una persona che ritenete anche ragionevole e vi accorgete che questa trova tutte le argomentazioni per contraddire l’evidenza dei fatti di cui state discutendo e quindi nega quello che persone normali possono ritenere ragionevolmente vero, allora deve scattare il campanello di allarme. Che non vuol dire che siamo giunti alla conclusione che il tipo sia un pedofilo, però la cosa bisogna tenerla in conto.

Se poi state discutendo di casi riguardanti in particolare gli abusi sui bambini, attenzione che si passa dall’avviso all’allarme.

La tendenza a fare gruppo nelle assemblee pubbliche. Nei ritrovi pubblici su temi legati agli affidamenti, adozioni, tutela dei minori se vi accorgete che in una parte della sala si costituisce un gruppo agguerrito e compatto, anche con manifestazioni comuni di urla e insulti verso chi non la pensa come loro, questa è una manifestazione certa di presenza di pedofili, ovviamente in riferimento a questioni di cui si vuol negare sempre l’evidenza.

La tendenza a fare gruppo sui social.

Questa caratteristica è simile alla precedente ma riguarda i social, in particolare facebook. Se postate un argomento che riguarda un fatto di pedofilia, con delle evidenze chiare e indiscutibili, e vi si presentano varie persone, al modo dei soldatini inviati a combattere, alcuni dei quali mascherati da profili inesistenti, e questi vi sottopongono delle domande maliziose o argomentano in modo strano rispetto al comune modo di ragionare, allarme, siamo in presenza di una brigata di soldatini mandati dal mondo della pedofilia.

La tendenza a perseverare all’infinito nel non riconoscere l’evidenza dei fatti. Questa caratteristica è il loro cavallo di battaglia per confondere i loro avversari: asserire con forza, determinazione, perseveranza e soprattutto in massa la negazione di fatti che in realtà sono evidenti provoca una potenza di fuoco che mette in difficoltà e suggestiona chi ascolta.

I pedofili si possono nascondere in tutti gli strati sociali. Hanno appoggi nel mondo del giornalismo, della politica, della psicologia e della Chiesa. Ci si domanda come sia possibile che certi personaggi dubbi siano invitati in trasmissioni televisive importanti, che giornalisti noti trattino materie relative alla pedofilia con posizioni discutibili.

Insomma dietro la pedofilia si apre un mondo, soprattutto oscuro, che lascia sconcertati.

LE PERIZIE DEL DOTT. GIOVANNI BATTISTA CAMERINI

LE PERIZIE DI UN PROCESSO DELLA BASSA MODENESE

Parliamo di un processo sconosciuto ai più, che si instaurò autonomamente rispetto agli altri processi della bassa modenese, pur avendo con questi degli aspetti in comune.

La vicenda ha per oggetto abusi subiti dal 1995 al 1998 da F, nato nel 1992. da parte dello zio materno D. P. Dopo prime rivelazioni alla Dott.ssa A. riguardanti abusi domestici, il bambino fa dichiarazioni concernenti abusi a sfondo rituale-satanico accusando i genitori. Il processo a carico dello zio si conclude con la condanna definitiva di quest’ultimo per abusi intrafamiliari. Il processo a carico dei genitori per i reati in ambito rituale si conclude con l’assoluzione.

Nel processo a carico dello zio, F. viene sentito dal P.M., alla presenza della Dott.ssa A. e del Dott. G.B. Camerini, consulente nominato dal P.M.: successivamente ha un colloquio con il Dott. Camerini, nel corso del quale aggiunge particolari ai racconti precedenti. Viene sottoposto a visita medica. Nel frattempo F. vede periodicamente i genitori, ma da ottobre 1999 manifesta sempre più disagio negli incontri, fino a rifiutarsi di volerli incontrare.

A novembre inizia a rivelare di abusi subiti in cimiteri, dove veniva condotto dai genitori: analogamente agli altri bambini coinvolti negli altri processi, parla di persone incappucciate, bimbi lanciati per aria e anche uccisi. Anche F, come gli altri, parla di avvicinamenti e minacce da parte di persone poi non identificate. A seguito di tali nuove dichiarazioni, il bambino è di nuovo periziato dal Dott, Camerini e dal prof. Di Leo, incaricati dal P.M.. La valutazione psicodiagnostica della Dott.ssa A. aveva concluso intanto per una sindrome post traumatica da stress.

Il Dott. Camerini, nella sua prima perizia, del giugno 1999, conclude anch’egli per una sindrome post traumatica da stress, dopo aver avuto tre colloqui con il bambino, averlo sottoposto a vari esami testistici e aver esaminato le sue dichiarazioni secondo i criteri del CBCA: esclude inoltre che F. sia stato soggetto a sollecitazioni o pressioni, valuta corrette le modalità di intervista e sottolinea la mancanza di domande suggestive. Ritiene la presenza di una serie di elementi rilevanti di origine post traumatica “ più strettamente riferibili ad una esperienza di abuso sessuale…”

Nella seconda perizia, disposta dal P.M. a dicembre 1999 sulle nuove rivelazioni di abusi in ambito cimiteriale, il Dott. Camerini, (unitamente al Prof. Di Leo) ribalta inaspettatamente le sue precedenti conclusioni, senza peraltro fornire una valida giustificazione, e ciò è oggetto di aspra critica da parte del Tribunale.

Ipotizzando una possibile suggestione, il Dott. Camerini valuta F. inattendibile, e questo non solo in relazione alle nuove dichiarazioni, ma anche per quelle precedenti riguardanti lo zio. Il Tribunale, aderendo alla prima perizia, respinge tale ipotesi, sottolineando il fatto che F. aveva ripetuto i medesimi racconti relativi allo zio anche al perito del GIP Dott.ssa S. e alla Dott.ssa G. incaricata del sostegno psicologico.

Il Tribunale ritiene che “il contenuto della relazione (la seconda) non è chiaro: prima sembra confermare le conclusioni della precedente relazione, poi ipotizza l’esistenza di indebolimento del senso di realtà del minore in relazione ad un asserito disturbo della personalità, pur in assenza di una condizione psicotica”. Inoltre, il breve tempo intercorso tra le due perizie (7 mesi) “mal si concilia con il mutamento di valutazione psicodiagnostica, in assenza di concreti elementi di fatto da cui desumere tale cambiamento”. Se anche si dovesse ritenere, prosegue la sentenza, un indebolimento del senso di realtà al momento delle interviste della seconda perizia, circostanza comunque sfornita di prova, “ciò non potrebbe in alcun modo influenzare la precedente valutazione psico diagnostica del minore e la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese nel maggio-giugno 1999, peraltro già analizzate e ritenute valide e veritiere dallo stesso Dott. Camerini” . Il Tribunale sottolinea come il perito non abbia fornito valide giustificazioni a questo suo mutamento di opinione limitandosi a dire che “in ragione di mutamenti di orientamento teorico e clinico” avvenuti negli ultimi quattro anni (pag.80 e ss. verbale di udienza 16.12.2003 sent. I°), l’audizione dal P.M. avrebbe dovuto svolgersi con modalità diverse. In particolare, secondo il perito, non doveva essere presente la Dott.ssa A. Il Tribunale obietta che il Dott. Camerini, nella prima perizia, aveva lodato la presenza della Dottoressa, ritenendola necessaria per il sostegno psicologico del bambino, mentre nella seconda perizia non spiega nemmeno perché la presenza della dottoressa avrebbe inficiato la testimonianza del minore.

Inoltre, il collegio ritiene “inconferenti” i suggerimenti dei periti di “programmare con modalità graduate il rientro di F. nella famiglia d’origine” e di “non incaricare ulteriormente gli operatori dell’ASL di Mirandola perché troppo coinvolti nella situazione in oggetto” poiché questo “contiene valutazioni negative implicite ma chiare sull’attività di colleghi del tutto inopportune e al limite della violazione deontologica”.

In conclusione, il Tribunale non condivise la seconda perizia del Dott. Camerini e del Prof. Di Leo ritenendo non motivato il mutamento drastico di diagnosi, e il processo terminò con la condanna dell’imputato.

Di questo caso Pablo Trincia non fa nessuna menzione in Veleno.

ESTERNAZIONI E RIFLESSIONI VARIE

Commento del 05/02/2021 sul profilo FB dell’ On. Stefania Ascari

Onorevole Stefania Ascari, sono un componente del Comitato VOCI VERE, vittime della bassa modenese, vicenda tornata alla ribalta qualche anno fa a seguito della pubblicazione del libro veleno.

Siamo genitori affidatari e adottivi che insieme ai nostri figli , gli ex bambini abusati di 20 anni fa, stiamo combattendo contro la narrazione errata di Pablo Trincia.

Lei si è sempre schierata apertamente a favore delle tesi di Veleno, per questo motivo ci interessava inviarle i nostri ultimi comunicati che si rifanno alle recenti sentenze della Corte di Appello di Ancona, con le quali i Giudici di oggi hanno confermato in pieno, con motivazioni dettagliate, approfondite e complete, quelle emesse 20 anni fa a carico di Federico Scotta che aveva chiesto la revisione dei suoi processi ( sentenze confermate successivamente in Cassazione, ndr). Ci farebbe piacere conoscere il suo parere in proposito.

Distinti saluti.

Giordano Bindi

 

E-mail a Doss.ssa Roberta Bruzzone del 30/01/2021

Dott.ssa Roberta Bruzzone,

da genitore adottivo di uno dei 16 ex-ragazzi abusati della bassa modenese, che ha sofferto insieme alla bambina per anni per uscire dal trauma, quindi ha vissuto sulla sua pelle le sofferenze a cui ha assistito, continuo a pensare che sia stata messa in atto la più grande macchinazione mediatica mai architettata per screditare tutti I protagonisti : giudici, psicologhe, assistenti sociali, genitori affidatari e adottivi e soprattutto i bambini.

Se io venissi a insinuare che i suoi figli sono bugiardi ecc...come si sentirebbe nel suo cuore sapendo bene che dicono la verita', perché le sofferenze non si possono inventare, quello che si prova dentro non è falso.

Lei da psicologa ha mai visitato uno di questi ex- ragazzi? Tanti personaggi sono andati in tv a parlare di cose di cui non avevano cognizione diretta, fidandosi unicamente della narrazione di Trincia.

Noi del Comitato abbiamo fatto la critica al libro Veleno punto per punto, dimostrando con le prove agli atti dei processi dove il giornalista ha detto inesattezze, ha fatto omissioni o ha sottovalutato fatti importantissimi.

Il tutto per ottenere il risultato desiderato. Ovviamente nessuno ha voglia di mettersi a leggere le nostre critiche, ma stia tranquilla che da ora in avanti ognuno si prenderà le proprie responsabilità di quello che ha detto e fatto nei confronti delle vittime.

Mi dispiace molto che lei non accetti le sentenze, che in questo caso sono motivate, complete e approfondite. Sentenze che confermano la correttezza dell'operato dei giudici di 20 anni fa ed aprono uno scenario completamente opposto a quello che Trincia voleva aprire. ( sentenze confermate successivamente in Cassazione, ndr)

Giordano Bindi

 

E-mail alla psicologa Stefania Andreoli del 30/01/2021

Buongiorno Dott.ssa Stefania Andreoli,

sono un componente del Comitato VOCI VERE Vittime della bassa Modenese, costituito a difesa delle vittime della bassa modenese. Le invio il ns ultimo comunicato stampa relativo alle sentenze della Corte di Appello di Ancona che bocciano le richieste di revisione del processo del Sig. Federico Scotta.

Penso le possa interessare visto che lei nella trasmissione Non e' l'Arena del 19/05/19, dedicata alla richiesta di revisione del processo Scotta della Bassa Modenese, era intervenuta sul " disvelamento progressivo" sostenendo che " ....facendo una domanda tendenziosa o imboccando ....non si sta facendo un disvelamento progressivo perchè non sto favorendo la possibilità che l'altro mi porti la sua verità".

Contrariamente alla sua valutazione, le sentenze di Ancona hanno confermato la correttezza dell'operato della psicologa Valeria Donati e di tutto il team dei servizi sociali di allora.

Mi domando e le domando come sia possibile poter dichiarare tale verdetto in televisione, di fronte a milioni di persone, senza che lei abbia mai visitato uno dei nostri ex-ragazzi, ma basandosi solo sulle informazioni ricevute dal giornalista Pablo Trincia, che esce completamente sconfessato da queste sentenze. ( sentenze confermate successivamente in Cassazione, ndr)

La ringrazio per l'attenzione.

Distinti saluti.

Giordano Bindi

 

E-mail all’Ordine degli Psicologi della Lombardia durante il webinar del 04-02-2022

Trincia ha affermato in una intervista che non abbandonerà mai l'inchiesta dei diavoli della bassa. È lecito chiedersi perché? Forse uno degli obiettivi del giornalista è quello di far riallacciare i rapporti fra i ragazzi vittime di abusi e le loro famiglie biologiche, siano esse state condannate o no, o in parte per aver abusato sessualmente dei loro figli. E tutto questo nonostante l'espressa volontà dei ragazzi di non volersi riavvicinare. Sembra che le rivelazioni dei bambini di allora non hanno nessun peso per Trincia, ha deciso che sono frutto di suggestioni ad opera di psicologhe e assistenti sociali, nonché madri affidatarie. Ma le frasi dicono tutt'altro! Non solo, Trincia entra a piedi pari nella vita di giovani donne e uomini, senza tenere conto della loro condizione di vittime, del loro trauma e della loro sofferenza, eleggendosi a portatore di una verità che non corrisponde alla loro storia. Anche quando qualcuno di loro "va su di giri al punto di essere preoccupato", così scrive di Dario a pag. 211 del libro Veleno-Una storia vera, decide di non fermarsi, di non avere alcun rispetto per la sofferenza chiaramente manifestata da Davide. A nulla sono servite le dichiarazioni delle vittime di non voler ripercorrere il loro passato. Quello che a noi è sempre apparso come una violazione della privacy dei nostri ragazzi viene riportato in un articolo di Gianluigi Rossini apparso su Il Sole24h a commento del documentario "Veleno" uscito il 25/5/2021. "Veleno ha messo in forte dubbio l'operato degli inquirenti, ma dal modello di Serial ha ereditato anche alcuni problemi etici molto complessi: dove finisce il diritto di cronaca e inizia il dovere di non nuocere alle persone coinvolte? In un episodio, ad esempio, Trincia si apposta in strada per incontrare uno dei bambini allontanati, ormai quasi trentenne. Ricordo di essere saltato sulla sedia, mentre ascoltavo: è giusto presentarsi dal nulla, con un registratore, chiedendo a un ragazzo di parlare degli abusi subiti da bambino?"

Alla luce di quanto sopra, non capiamo il senso della partecipazione del Trincia a questo vostro webinar.

Giordano Bindi

 

Lettera aperta al PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA LOMBARDIA

(segreteria@pec.opl.it)

Ci riferiamo all’evento webinar programmato dal vostro Ordine per il giorno 4 febbraio 2022 dal titolo “Dopo “Veleno” e “Bibbiano” – La Tutela del Minore tra casi di cronaca e prassi condivise “.

Siamo il Comitato VOCI VERE vittime di abusi intrafamiliari della bassa modenese composto da 7 ex-ragazzi vittime di abusi e da 20 genitori affidatari e adottivi.

Ci preme manifestare il nostro totale disappunto sul titolo del webinar dedicato alla tutela del minore a cui è stato abbinato il nome Veleno, ovvero il titolo che il giornalista Pablo Trincia ha dato al suo romanzo che pretende di raccontare la nostra storia di vittime e genitori.

Niente di più distorto e contrario alla realtà dei fatti di come li abbiamo vissuti noi figli, che confermiamo ancora oggi gli abusi subiti in ambito familiare, e noi genitori affidatari e adottivi sulla base delle esperienze durate anni interi: non abbiamo mai constatato suggestioni da parte delle psicologhe e degli assistenti sociali del tempo, abbiamo ben presenti gli abusi e le violenze subite che restano nella mente e nel cuore non come “falsi ricordi” ma come ferite indelebili che ci porteremo sempre dentro di noi, noi genitori non abbiamo mai condizionato i nostri figli, noi genitori non abbiamo lucrato nella ricerca degli affidamenti, nella piena osservanza, da parte di tutti gli operatori, delle leggi in materia.

Insomma, che sia chiaro a tutti, nella vicenda della bassa modenese i minori sono stati tutelati, e se non ci fossero stati psicologi e assistenti sociali coscienziosi e competenti, non sappiamo che fine avremmo fatto noi ragazzi.

Il romanzo scritto da Pablo Trincia sostiene esattamente il contrario : che i bambini furono suggestionati dalle psicologhe, che i bambini erano e sono bugiardi perché hanno i  cosiddetti “falsi ricordi”, che gli operatori hanno fatto affari con gli affidamenti. Il romanzo è tutto incentrato a difendere le famiglie naturali senza tenere in minimo conto le testimonianze rese ancora oggi dalle vittime, senza prendere in considerazione le 14 condanne definitive per pedofilia per 12 persone, come se questa ultima cosa fosse di scarsa importanza. Non ultimo il sistema giudiziario di allora che complessivamente aveva visto coinvolti circa 70 giudici, sarebbe incappato in un clamoroso errore, ripetuto anche ai giorni nostri visto che due tentativi per riaprire i processi sono stati ad oggi bocciati ancora dai giudici con sentenze schiaccianti e incontrovertibili.

Di fronte alle enormi distorsioni di questa narrazione, che ha volutamente evitato di approfondire  le carte processuali, e al discredito conseguente verso i nostri figli siamo a denunciarne la vittimizzazione secondaria che provoca ancora sofferenza e pertanto diffidiamo il vostro Ordine, tutti i relatori, in particolare Pablo Trincia, a diffondere pubblicamente notizie false o fuorvianti sulla nostra vicenda.

Restiamo amareggiati dal fatto che gli psicologi nella loro importantissima funzione di tutela dei minori si schierino proprio dalla parte di chi difende i condannati per pedofilia.

Distinti saluti.

Reggio Emilia, 01/02/2022

Rappresentante Comitato VOCI VERE

 

Seconda Lettera aperta al PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA LOMBARDIA (segreteria@pec.opl.it)

Come avevamo segnalato nella nostra lettera del 01/02/22 il webinar svoltosi ieri presso il Vostro Ordine ha dimostrato l’inopportunità della presenza di Pablo Trincia come relatore.

La scelta di assegnare al giornalista il compito di introdurre l’evento si è rivelata secondo noi azzardata per il vostro Ordine ed ha comunque messo in chiaro gli intenti dell’autore di Veleno.

Nonostante il mancato accoglimento della nostra richiesta di partecipare al dibattito, è stato lo stesso Pablo Trincia in poche battute a rivelarsi, pubblicizzando ancora una volta le solite sue teorie e accusando  vari soggetti tra cui il CISMAI, i Giudici e una psicologa, già oggetto di suoi violenti attacchi in passato :

1) ha sostenuto apoditticamente che “l’ Ordine deve prendere posizione sul CISMAI e applicare le sanzioni a chi usa il metodo empatico” ;

2) ha incitato l’Ordine affinché si documenti , “perché non sapete cosa ha fatto la Dott.ssa Elisa Ceccarelli quando era al Tribunale dei Minorenni a Bologna” ;

3) ha detto il falso su una psicologa, sostenendo che avrebbe adottato una bambina a cui aveva fatto terapia, senza farne il nome, ma noi sappiamo a chi si riferiva poiché ne aveva già parlato in altre occasioni pubbliche.

Alla luce di quanto sopra e delle perplessità che vi avevamo manifestato nella nostra lettera precedente, non capiamo il senso della scelta di portare Pablo Trincia a questo vostro evento.

Ora avete la riprova che i nostri dubbi erano giustificati, speriamo serva di insegnamento per il futuro e comunque apprezziamo le critiche rivolte al giornalista da alcuni relatori e la vostra dichiarazione conclusiva di dissociazione dalle considerazioni e insinuazioni espresse da Pablo Trincia su fatti ormai ampiamente chiusi e decisi dai Tribunali, del tutto improprie e inconferenti rispetto ai seri argomenti  trattati in questo evento.

Distinti saluti.

Reggio Emilia, 05/02/2022

Rappresentante Comitato VOCI VERE

 

Commento al post di Voci Vere del 02/03/2023

Ottimo Lavoro, condivido l'operato di Voci Vere, una realtà che permette di dare spazio ad esperienze vissute in prima linea e non intende certo dare credito a coloro che seminano insinuazioni o provocazioni gratuite.

Voci Vere si prefissa, tra le varie cose, di condannare tutto ciò che ha portato disagio e sofferenza ai minori e a condividere un percorso di riscatto morale,  dignitoso e incoraggiante.

Carlo Persona

 

Commento sulla pagina Fb di Voci Vere

Per chi come me e' padre di un di quei 16 ragazzi seguire la ricostruzione del Trincia e' stato particolarmente doloroso.

Non solo per le evidenti inesattezze, le omissioni e le sottovalutazioni del suo racconto. Ma soprattutto per la freddezza e il distacco dalle sofferenze patite da questi ragazzi, considerati dei semplici bambolotti.

I protagonisti di questa vicenda sono senza dubbio i ragazzi, ma gli interpreti veri del racconto del Trincia non sono loro, bensì gli adulti genitori naturali che sarebbero diventati le vittime della vicenda.

Ecco il male che ho provato e' stato proprio questo, nessun rispetto verso la sofferenza dei più deboli ed indifesi, una vera crudeltà.

Questa storia verrà riscritta piano piano, come stiamo facendo noi, con i ns semplici mezzi, senza politici che ci sostengono, senza giornalisti disponibili, senza testate giornalistiche e tv dalla ns parte, ma solo con la potenza della verità.

Grazie a tutti quelli che ci sostengono.

Giordano Bindi

BIBBIANO : DUBBI E ASSURDITA'

Nel mese di marzo 2023 è uscito il libro “ BIBBIANO : DUBBI E ASSURDITA’ “ dove è presente anche un capitolo dedicato al ruolo di Veleno nell’inchiesta su Bibbiano.

E' il primo libro che cerca di inquadrare criticamente il processo giudiziario e mediatico che ha coinvolto fortemente  l'opinione pubblica, scatenando  una pesantissima gogna contro un gruppo di operatori, trasformati fin dalla fase delle indagini  in “colpevoli “.

L'autore del libro è un gruppo di lavoro: il Comitato Giobbe, composto da soggetti portatori di diverse professionalità e da un gruppo di vittime di violenze nell'infanzia.

La prefazione del libro è di Luigi Cancrini, seguono tredici post-fazioni curate da:  Maria Grazia Apollonio, Franco Barbero,   Daniela Diano, Dante Ghezzi, Marianna Giordano, Gianni Guasto, Mariano Iavarone,  Camillo Losana, Annalisa  Lucarelli, Andrea Mazzeo, Simona Musco, Piercarlo Pazé, Nadia Somma.

Vogliamo condividere un passaggio su Veleno che ci trova perfettamente d’accordo :

“ Dal punto di vista del giornalismo investigativo l’inchiesta Trincia presenta enormi defcit:

– non c’è traccia di un’analisi attenta dei cinque processi; non vengono riportate le prove, le testimonianze, i percorsi processuali che hanno portato alle condanne, come se il lavoro e le sentenze dei Giudici si fossero basati sul nulla;

– non considera la testimonianza delle vittime di allora, la soferenza e l’impotenza a cui si accompagnarono, la coerenza che venne espressa e la sintomatologia post-traumatica evidenziata (come riconosciuto dalle sentenze nei tre gradi di giudizio);

– non riconosce che un gruppo di vittime della vicenda di vent’anni fa oggi confermano con determinazione ed equilibrio le dichiarazioni del passato;

– trascura il fatto che i contenuti strani ed inquietanti dei bambini violentati della Bassa Modenese erano comunque coincidenti con le testimonianze delle vittime di abusi ritualistici in tutto il mondo. “

 

 

PETIZIONE PER LA TUTELA DEI MINORI E DEGLI OPERATORI DOPO BIBBIANO

APPELLO PER UN PROCESSO GIUSTO.

TUTELA E SICUREZZA PER I BAMBINI, TUTELA E SICUREZZA PER GLI OPERATORI. 

Noi operatori che lavoriamo nell’area della tutela dei minori in campo sociale, psicologico, educativo, legale; noi famiglie affidatarie e adottive di minori in difficoltà; noi attiviste e attivisti in difesa dei diritti delle donne e dei minori, partecipiamo all’iniziativa di oltre 215  psicoterapeuti, psichiatri e neuropsichiatri che hanno sottoscritto un MANIFESTO DEGLI PSICOTERAPEUTI SU UNA PSICOTERAPIA PRESUNTAMENTE IATROGENA per dare solidarietà ad un collega, Claudio Foti, che è stato coinvolto nella vicenda di Bibbiano e che è stato accusato e condannato per avere indotto in una giovane paziente con la sua psicoterapia un Disturbo di Personalità Borderline e un Disturbo  Depressivo persistente con ansia.  

Dagli atti emerge chiaramente come le esperienze sfavorevoli e traumatiche e le relative sintomatologie fossero già presenti, documentate e testimoniate, nella vita della paziente, ben prima che il terapeuta la conoscesse. In particolare gli oltre 215 psicoterapeuti hanno constatato come nella relazione della stessa psicologa,consulente di parte del PM, che ha portato alla condanna di Claudio Foti compaia il riferimento nella storia della paziente a tutti i seguenti eventi o problemi: riferito episodio di abuso all'età̀ di 4 anni, riferita violenza sessuale all'età̀ di 13 anni, separazione molto conflittuale dei genitori, violenze subite nel contesto familiare dalla madre da parte del padre e da parte del proprio fratello, abbandono per anni da parte del genitore, atteggiamenti di pesante squalifica e colpevolizzazione patiti da parte del padre, rifiuto e contrapposizione reattivi da parte della ragazza, comportamenti trasgressivi, stati depressivi, interruzione della frequenza scolastica, marcata svalutazione di sé, consumo di sostanze stupefacenti.

L’esperienza ha già consolidato coerentemente con la scienza il dato che i disturbi di personalità sono il risultato di eventi traumatici, di violenza dell’essere umano sull’essere umano, di abbandono e assenza di gesti protettivi sin dalla prima infanzia. Gli operatori e i terapeuti cercano di curare, non sono la causa di malattia.

In questa vicenda in modo clamoroso il nesso causale tra la storia sfavorevole e/o traumatica dei bambini e degli adolescenti e la sintomatologia che da questa storia è derivata viene totalmente negato con ricadute di stigmatizzazione e di colpevolizzazione proprio sugli operatori, che hanno cercato di avvicinarsi alle esperienze sfavorevoli e traumatiche patite dai minori.

Le accuse costruite sulla negazione della scienza e della ragionevole conoscenza della realtà sono una minaccia che pesa su tutti gli operatori e sul lavoro con i soggetti deboli. Non c’è più certezza dei comportamenti professionali, non c’è più certezza del diritto. I giudici giudicheranno,  ma rivendichiamo il diritto di esigere il rispetto della scienza e delle regole della professione.

Non si può giudicare uno psicoterapeuta per le domande che fa. Eppure Claudio Foti è stato incolpato per le sue domande, per il metodo seguito, non suo personale ma scientifico e universalmente riconosciuto, per come ha eseguito la psicoterapia, per la quantità di parole, per la fiducia data alle parole della paziente. È questa la causa della condanna. Non vengono contestati, leggendo il capo di imputazione e la sentenza,  atti di violenza, minaccia, coazione, ricatto, estorsione, nulla.  Egli viene accusato di aver plagiato, contro tutto quello che sappiamo sulla vaghezza e imponderabilità del plagio. Egli è stato condannato per la sua psicoterapia alla quale vengono collegati due gravi disturbi diagnosticati dopo oltre un anno dalla fine della psicoterapia, dopo un solo incontro che una psicologa effettua con la paziente della durata di un'ora. Ciò è contro ogni logica, prassi  e  regola, anche di esperienza.

Il caso di Claudio Foti è particolare: da quarant’anni lavorava nel campo dell’ascolto e della tutela dei bambini. E’ stato forse il primo psicologo italiano a scrivere contro la scienza spazzatura della PAS (Sindrome di Alienazione Parentale). Ma la logica dell’accusa contro di lui riteniamo sia pericolosa per l'attività di migliaia di operatori che ogni giorno si trovano di fronte a persone che hanno bisogno di aiuto, protezione, comprensione, fiducia. La sicurezza delle vittime richiede operatori che possano lavorare in un contesto di sicurezza e di prevedibilità.

Con questa condanna chiunque diviene invece un bersaglio che potrà essere colpito proprio con l'arma antiscientifica di diagnosi effettuate senza alcun rispetto delle regole scientifiche, senza la comprensione del nesso di causa ed effetto, senza test, senza domande, senza metodo scientifico.

Chiunque è a rischio di una accusa oscura, insondabile e quindi inconfutabile. Chiediamo certezza del diritto, rispetto per la scienza e per la libertà di cura e per chi, debole e senza difesa, ha bisogno di aiuto, di protezione e di cura. La negazione dei nessi di causalità rischia di aumentare le ansie, le paure e le inibizioni degli operatori, nel loro intervento sul disagio familiare, demotivandoli rispetto all’impegno a farsi carico delle problematiche dei minori in condizioni difficili.

La vicenda di Claudio Foti si inserisce in un clima culturale, segnato dalla strumentalizzazione mediatica e politica del caso Bibbiano, e che ha determinato un vero e proprio “trauma collettivo”, i cui effetti risultano in particolare visibili:

-​ nella riduzione drastica delle casistiche degli abusi e dellesegnalazioni da parte degli operatori all’autorità giudiziaria di situazioni di maltrattamento e di trascuratezza in danno di minori;

-​ nella difficoltà degli psicoterapeuti ad accettare di intraprendere percorsi di sostegno e di psicoterapia con minori vittime di violenza;

-​ nella caduta della disponibilità delle famiglie all’affidamento eterofamiliare con minori provenienti da situazioni di maltrattamento;

-​ nell’inasprirsi della cultura patriarcale contro i diritti delle donne e dei minori, nelle accuse colpevolizzanti verso le madri accusate di essere alienanti e malevole, solo perché “colpevoli” di difendere i loro figli dalla violenza.

Da Bibbiano in poi la campagna denigratoria che si è sviluppata contro gli operatori minorili ha avuto ricadute sull’organizzazione dei servizi sociali e sul sistema degli affidi - che ha cominciato ad essere guardato con sospetto - e ha causato negli operatori e nei professionisti dell’infanzia forti ansie, esitazioni, atteggiamenti di evitamento e di fuga di fronte alla sofferenza dei minori.

La nostra presa di posizione risulta dunque indispensabile, andando al di là di un caso specifico, perché mira a difendere l’impegno di tutti gli operatori, le associazioni e i professionisti di fronte alle tante situazioni di pregiudizio e di sofferenza dei minori, che da sempre risultano trascurate dalla comunità sociale e che oggi rischiano di diventare ulteriormente inavvicinabili ed inaffrontabili a causa dell’impatto paralizzante che la strumentalizzazione mediatica del caso Bibbiano ha prodotto sugli operatori e sull’intera comunità.

Facciamo appello agli uomini politici, ai giornalisti, alle istituzioni amministrative e governative affinché venga rilanciato l’impegno a riconoscere, a monitorare e ad affrontare i fenomeni della dellaviolenza, della trascuratezza e delle varie forme di fragilità familiare, di povertà e di scarsa protezione  in cui vive una fascia rilevante della popolazione minorile, comprendendo che la prevenzione e il contrasto di questi fenomeni può evitare costi sociali e psichici enormi agli adulti di domani e all’intera società e riconoscendo la complessità  e il valore sociale del lavoro dei professionisti e degli operatori chiamati ad intervenire sulla sofferenza dei bambini e degli adolescenti.

https://chng.it/mBydLbNMfk

Change.org

Firma la petizione

Manifesto degli operatori a contatto con la sofferenza dei minori

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