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CRITICA AL LIBRO VELENO

Seconda Puntata
 

*Capitolo 5*
Dario fa il nome di Don Giorgio e fa riferimenti ai riti satanici al cimitero. Viene descritto il sopralluogo al cimitero da parte dell’Ispettore Pagano. Pablo Trincia descrive la vita di Don Giorgio, il quale, contemporaneamente all’esercizio del sacerdozio, fa il camionista. Parla poi degli aiuti da lui forniti alla famiglia Galliera, fra cui il reperimento di un’abitazione dopo lo sfratto.

Si precisa che:

da gennaio 1997 il bambino inizia ad accusare malessere, e in particolare non dorme la notte, cala di peso, inizia a balbettare, cala l’attenzione a scuola, è sempre spaventato e non vuole fare i rientri dai genitori naturali; comincia a confidarsi con la maestra Bondavalli, raccontandole di “scherzi” che avvengono sotto le coperte tra il fratello Igor e la sorella Deborah, a casa dei genitori. La maestra riferisce alla madre affidataria. Successivamente Dario si confida anche con quest’ultima, iniziando a raccontare di abusi sessuali avvenuti in famiglia. Inizia ad essere seguito dalle psicologhe dei servizi sociali, e alla Dott.ssa Donati farà ulteriori rivelazioni.

A seguito di tutto ciò, gli incontri con la famiglia naturale vengono interrotti: il bambino incontra per l’ultima volta i genitori il 29 marzo 1997, presso i locali della Usl.

Successivamente, Dario racconterà  di ulteriori  avvicinamenti dei familiari a scuola, e di minacce da loro ricevute, che lo sconvolgono al punto che gli affidatari lo trasferiscono, a settembre 1998, in una scuola di Gonzaga. Nuovi avvenimenti spingeranno gli affidatari a trasferirsi a Crema, dove il bambino viene iscritto prima alla scuola pubblica e, dopo ulteriori fatti, a una scuola privata.

Nel 1997, Dario viene sentito tre volte dal P.M. della Procura di Modena (17 maggio, 27 giugno e  25 settembre) e una volta dal GIP in incidente probatorio (11 luglio) e sottoposto a perizia psico diagnostica dalla Dott.ssa Cavallini, sempre in incidente probatorio.

Nell’audizione del 27 giugno, Dario identifica Alfredo Bergamini, Elisa Scotta, Marta Guandalini,  Kaempet Lamhab, Calzolari Andrea, Giacco Antonio da un album di fotografie mostratogli dal P.M..

Le prime rivelazioni di Dario riguardo ad una persona chiamata Giorgio avvengono dopo l’estate del 1997, dopo che era rientrato dalle vacanze al mare e dopo l’audizione di luglio .Si sottolinea questo perché l’audizione di luglio è quella oggetto di serrata critica da parte di Pablo Trincia sulle modalità dell’intervista. Non si potrebbe invece ritenere che l’atteggiamento svogliato e distratto del bambino in quel frangente era determinato da un malessere grave che si manifesterà a breve nelle rivelazioni più dirompenti?  A settembre infatti il bambino è particolarmente depresso e comincia soprattutto a esternare grande paura dell’inferno. La psicologa, che in quel periodo era incaricata del sostegno, ascolta tali dichiarazioni e chiede chiarimenti all’affidataria, sapendo che Dario non aveva ricevuto un’educazione religiosa e quindi ritenendo strane queste paure legate all’inferno che non potevano essere state raccolte in famiglia. Poi chiede al bambino perché aveva queste paure. A quel punto Dario dice che le cose riguardo all’inferno gliele aveva dette un signore di nome Giorgio che aveva conosciuto in chiesa, una volta che era con il padre. In quell’occasione il bambino aveva detto a questo Giorgio che il padre gli aveva fatto male e Giorgio aveva detto al padre che non doveva fare quelle cose. Poi Dario aggiunge che una volta il padre l’aveva riportato da Giorgio, che questi aveva abusato di lui e dopo aveva dato dei soldi al genitore. Dario colloca questo episodio nel giorno dopo Natale 1996. Dice poi che in quell’occasione era presente Marta con la madre Francesca e anche questa bambina aveva subito un abuso da parte di Giorgio. Ci sono riscontri perché Dario dice che quella mattina aveva visto Burgoni, responsabile dei servizi. Infatti quel giorno il Dott. Burgoni era andato per una visita domiciliare di controllo a casa dei Galliera.

Il bambino continua dicendo che questo Giorgio è un “sindaco”, che veste una tunica ed abita nella casa vicino al campanile. Lo descrive con occhiali, capelli ricci, bassa statura, grassottello, e dice che aveva dato la casa ai suoi genitori. Un giorno incontra con l’affidataria un sacerdote che aveva battezzato un cugino e le dice che il “sindaco” fa lo stesso mestiere.

Successivamente, racconta quello che lui definisce un “finto funerale”, al quale era stato accompagnato dai genitori e dai fratelli, insieme a Federico, Elisa, Marta e Franca (Francesca). Indica presente anche “Ales” e chiede alla psicologa perché questa persona faceva sempre le foto. La psicologa pensa che il bambino possa essere andato ad un funerale vero e in tale occasione essersi spaventato e gli chiede se è così. Il bambino invece racconta che era stato portato in chiesa, dove c’erano quattro casse, e che i bambini erano stati fatti entrare nelle casse dove era buio e freddo. Quando era nella cassa sentiva piangere un bambino, rimasto all’esterno, che lui descrive come il fratello di Elisa “di zero anni”. Infatti, il fratello di Elisa ha pochi mesi. Sentiva inoltre gli adulti ridere.

Riferisce poi che una volta usciti dalle casse, veniva detto loro che erano diventati figli del diavolo (questa precisa  definizione la troveremo anche nelle dichiarazioni di altri bambini).

Racconta poi che era stato costretto ad uccidere un bambino. Mentre esterna questi fatti, il bambino appare completamente prostrato. La psicologa dapprima si limita a raccogliere tali dichiarazioni, ma le volte successive, vista la fermezza di Dario, per alleviare la sua disperazione, il senso di colpa e la paura di andare in prigione per quello che aveva fatto, tenta di dirgli che forse il bambino non era vero, che poteva essere una finzione. Dario però rimane assolutamente fermo e deciso, e aggiunge che “era inutile che dicesse le cose, tanto i grandi non ci credevano”. Indica espressamente i cimiteri di Massa Finalese e di Gonzaga.

In questo periodo Dario  disegna spesso uomini con tuniche e anche con maschere di animali, come la tigre. Aggiunge poi altri particolari su Giorgio; indossava scarpe con i tacchi, ma “non tacchi da donna” ed ha un furgoncino bianco , sul quale vengono caricati i bambini per portarli al cimitero.

Lo chiama sempre Giorgio 1, tranne che in rarissime occasioni dove lo chiama Don Giorgio.

*Capitolo 6* 

Lorena fa conoscere a Pablo Trincia  Don Rovatti, che aveva scritto un libro su Don Giorgio, pubblicato nelle more del processo “pedofili bis” .

Il libro fu ritirato dall’editore dal commercio, a seguito di denuncia, altrimenti rischiava il sequestro. Pablo Trincia parla invece di non meglio precisate e non provate “intimidazioni” da parte degli avvocati volte a far ritirare il libro, .

Dopo la morte di Rovatti, Pablo Trincia entra in possesso del libro e del suo archivio, contenente vari documenti sulle vicende della bassa,

PARTE 2 (del libro)

*Capitolo 7*

In relazione al primo processo, Pablo Trincia torna su Federico Scotta ed elenca una serie di elementi raccolti durante le indagini,  che furono alla base della condanna dello Scotta e degli altri  imputati nel primo processo.

Afferma che, nonostante i racconti di Dario  “non fossero certo privi di lacune, tentennamenti e ripensamenti”, il P.M. Claudiani “era riuscito a convincere il collegio dei giudici che fosse assolutamente credibile”.

Conclude il capitolo riferendosi alla morte del Bergamini per malore, dopo due settimane dalla condanna a 13 anni di carcere.

Sono doverose le seguenti precisazioni:

  1. sull’attendibilità delle dichiarazioni di Dario.

Le dichiarazioni di Dario, rese dapprima alla maestra, poi all’affidataria e alla psicologa, sono state confermate dal minore al P.M. e al GIP; queste vengono acquisite nel dibattimento, poiché si ravvisa “l’impossibilità di procedere all’esame senza danneggiare gravemente la salute del testimone”. In quel periodo infatti Dario era particolarmente sofferente, e faceva frequenti riferimenti al desiderio di morire (pag.29 sent. 1° processo).

In sede di perizia psicodiagnostica (verifica della presenza nella personalità dei tratti caratteristici dell’abuso) effettuata dalla Dott.ssa Cavallini, emerge: sussistenza di condizioni prefamiliari favorevoli all’abuso, come l’essere il padre violento e impulsivo ( ciò in relazione a diversi episodi in cui il Galliera si era comportato in modo violento con terze persone, e alla sua frequentazione con il pregiudicato Bergamini); sussistenza di una famiglia poco protettiva (infatti madre e fratello sono sottoposti a indagine penale per reati sessuali).

Il bambino viene sottoposto a F.A.T, blacky pictures, Rorsach. Gli incontri con la Dott.ssa Cavallini sono 5, fra cui quello dell’11 luglio 1997, contestualmente all’incidente probatorio. Il perito attesta buona capacità intellettiva, assenza di componenti esibizionistiche e di compiacimento, anzi descrive Dario come un bambino prudente e ipercontrollato. Durante l’esame tuttavia, vengono rilevati contenuti estremamente negativi, indicativi di uno stato di malessere, che irrompono improvvisamente e del tutto fuori contesto. Vengono alla luce dai test vissuti di impotenza, di erotizzazione traumatica, di disvalore e colpa ( alle favole della Duss il bambino muore), di vergogna (al colloquio del 4 luglio si nasconde dietro un mobile). Nei disegni della paura e del dolore le minacce di morte arrivano da personaggi tradizionalmente buoni, come Batman, nel F.A.T. la bambina chiede aiuto al leone, che è proprio l’aggressore.

Le rivelazioni avvengono gradualmente, partendo dagli episodi meno gravi (gli scherzi dei fratelli a letto); nelle audizioni dà prova di consapevolezza anche delle parole degli adulti (quando l’interlocutore parla di giochi, riferendosi a comportamenti dei fratelli, afferma decisamente che “non è un gioco”, “scherzi? Dei giochi così maleducati?”. Secondo il C.B.C.A. ( metodo di valutazione della validità, non veridicità, delle dichiarazioni rese da minori in materia di abusi), applicato dal perito Cavallini, emergono conoscenze di particolari incongrui per l’età e non acquisibili se non con esperienza diretta.

Indici attestanti la veridicità si rilevano nei plurimi riferimenti contestuali (l’ultimo Natale, la visita di Burgoni, la casa gialla dove abitavo da piccolo), in varie interazioni correlate all’abuso (la sorella Deborah che diceva “ahi ahi”, oppure “Rosa insegnò ad Adriana”), nel riferimento costante allo scambio di soldi tra il padre e la Busi o altri adulti.

Risulta per Dario lo stato mentale tipico dell’abusato: “io non volevo farlo, ma dovevo, altrimenti si arrabbiavano. Voglio morire”.

I fatti narrati sono” troppo precisi e connessi a emozioni e vissuti altrettanto precisi”, da escludere che il bambino possa aver frainteso l’abuso con semplici manifestazioni d’affetto. I test escludono anche distorsioni psicotiche della realtà; dal Rorsach risulta un buon contatto con la realtà e i vissuti di impotenza e angoscia sono incompatibili con una costruzione di fantasia.

Si escludono nella perizia soggetti persuasori esterni, anche involontari, il bambino altrimenti “non evidenzierebbe vissuti tanto tremendi, nel caso di trasposizione di persona non sarebbe tanto preciso”.

Si evidenzia che il consulente della difesa Prof. Igor Galliani, in dibattimento riferisce: “Sostanzialmente, sulla conclusione della Dott.ssa Cavallini che vi sono indizi pressoché inequivocabili del fatto che il bambino Dario è stato traumatizzato sessualmente, quindi probabilmente è un bambino abusato sessualmente, direi che non ci sono dubbi, concordo pienamente con questa conclusione della Dott.ssa Cavallini”. Ovviamente, Pablo Trincia non menziona queste conclusioni del perito di parte, né si sofferma in modo approfondito sulla perizia della Dott.ssa Cavallini. Ciò che traspare dal suo libro e che rimane in mente  al lettore è la tesi che il bambino fu indotto a dire tutte quelle cose dalla psicologa Donati. Se si studiano gli atti, si capisce che la storia non è andata così.

Ulteriori elementi sono indicativi del fatto che  Dario fu vittima di abusi: il 27 gennaio 1997 resiste tenacemente al tentativo del medico scolastico di ispezione dei genitali, durante una visita di routine, alla presenza dell’ affidataria; medico che tra l’altro conosceva già e con cui era in confidenza (testimonianza Dott. Buonadonna). Inoltre, è sempre presente nel bambino la vergogna nel raccontare ( vedi incidente probatorio Gip, dove si nasconde). Ma più di tutto è il senso di colpa che prevale. Dichiara al giudice “tutti i bambini sono innocenti, io no perché ho fatto quelle cose. I miei genitori mi vogliono soltanto perché faccio queste cose, i miei genitori affidatari non potranno mai volermi bene perché io faccio schifo”. Altri episodi indicativi anche  perché avvenuti del tutto fuori contesto sono carezze e strusci al giudice e agli operatori durante un’audizione, oltre alla domanda improvvisa rivolta alla Cavallini se avesse le mutande.

Particolare importanza rivestono i disegni di Dario, anche questi silenziati da Trincia: bambini legati e chiusi in cassaforte che dopo muoiono, con la testa schiacciata e molto sangue; mostri con le ali, artigli e orecchie a punta muniti di pugnali; in uno raffigura un vampiro, tutto scuro e con le ali con sopra la testa un fumetto contenente la parola Ales.

Dario inoltre esprime a volte giudizi morali incompatibili con la menzogna, per esempio, a una domanda sul “signor Ales” risponde “non è un signore”. Alla domanda “che giochi facevi” risponde “non sono giochi”. Dice poi al giudice di trovare le cassette registrate e di bruciarle.

Dario, alle perizie mediche, risulta fisicamente immune da abusi, ma presenta la traumatizzazione tipica della vittima di abuso sessuale.

  1. Sui riscontri riguardo Federico Scotta.

Riguardo ai riscontri investigativi su Federico Scotta si accerta che nelle date dei rientri in famiglia indicate da Dario, anche Elisa Scotta, a quei tempi in affidamento, si trovava presso i genitori naturali. Si tratta del 22 e 23 febbraio 1997 in cui Dario  colloca il “ funerale finto”, e del 25, 26, 27 dicembre 1996. In entrambe le date, Dario indica presente ai fatti la piccola Elisa. Vengono poi individuate altre date in  cui si verifica che i minori erano presso le loro famiglie contemporaneamente.

Dario descrive Elisa come una bambina con gli occhi verdi, accompagnata da un adulto di nome Federico. Domanda più volte alla psicologa se i cinesi hanno gli occhi verdi e a mandorla e quando la psicologa gli chiede se pensa a Elisa, Dario risponde di si (infatti la madre di Elisa è thailandese e si spiega così la forma degli occhi). Da notare, contrariamente a quanto afferma Pablo Trincia, che il nome di Elisa non fu suggerito a Dario dalla psicologa, ma questa chiese spiegazioni sugli occhi  dopo che il bambino aveva già  fatto il nome di Elisa e del padre Federico. Fra l’altro Dario aveva già in precedenza fatto il nome di Elisa e Federico all’affidataria.

Anche Elisa stessa offre dei riscontri: la bambina, nata nel 1994, in affidamento dai due mesi di età, dopo l’episodio delle multiple fratture, sperimenta rientri in famiglia che si protraggono fino al rientro definitivo nel maggio 1998. A luglio viene allontanata di nuovo a seguito delle dichiarazioni di Dario.

Gli affidatari e lo stesso Scotta manifestano ai servizi che la bambina si rifiutava di fare i rientri, piangeva in modo incontrollato e una volta aveva anche vomitato. Dopo il secondo allontanamento manifesta spesso sentimenti di paura verso tutto e tutti. Quando le viene detto che il TM doveva valutare lo stato di abbandono e quindi non sarebbe più rientrata nella famiglia naturale, Elisa è contenta, prepara perfino un  regalino per gli operatori e fa un disegno da dare al “giudice dei bambini”. In seguito non manifesterà mai il desiderio di tornare nella famiglia naturale, anzi, si dimostrerà molto  spaventata all’idea.

In uno degli incontri con la psicologa incaricata dal TM di osservazione psicodiagnostica della bambina dopo l’allontanamento, Elisa fa un disegno a cui associa una storia:  c’era una casa in via Bologna dove andavano Franca, Federico, Ales e Marta. C’era un micio che stava male, poi c’erano altri mici che stavano male, che erano caduti (Elisa disegna sopra ai mici dei cerotti).

La piccola manifesta segni di malessere come frequenti incubi notturni, non si riesce a toglierle il pannolino, ha reazioni sconvolgenti anche in occasioni del tutto normali. Al racconto della favola di Dumbo, quando la mamma viene incatenata, piange a dirotto; sulla favola della principessa sul pisello, dice all’affidataria che il pisello si mette nel sedere. Tutto questo all’età di tre anni e mezzo!

I nomi fatti da Elisa coincidono con quelli fatti da Dario (Marta, Federico, Ales, Franca). Riferisce che Franca porta Marta da un uomo cattivo. Sul nome di Ales, alla domanda che spesso le viene fatta, ribadisce Ales, con la s finale, non la x, esattamente come Dario. La maestra di Elisa conferma che la bambina non presenta difficoltà nel pronunciare i nomi, anche stranieri, in modo corretto.

L’affidataria riferisce in dibattimento che quando la bambina tornava dai rientri settimanali, prima dell’allontanamento definitivo, chiedeva sempre di essere lavata nelle parti intime e l’affidataria aveva constatato più volte arrossamenti, che però attribuiva a cattiva alimentazione.

In più occasioni, all’affidataria che l’accompagnava in bagno, dice “vedi,la pipi non è rossa”. Alla fine, l’affidataria le chiede “perché, chi ha avuto la pipi rossa? E la bambina risponde “io”. Alla domanda se le faceva male quando aveva la pipi rossa, risponde “molto male”.

Quando le viene chiesto chi abitasse in via Bologna, visto che Elisa aveva detto di esserci andata, risponde che li abitava un medico che curava i bambini nel sedere e che si chiamava Ales.

In occasione di una normale visita pediatrica di controllo, il 9 giugno 1997, richiesta dall’assistente sociale, il medico (deposizione Dott. Paolini) riferisce che aveva trovato una forte opposizione della bambina al controllo delle parti intime, tanto che non aveva insistito oltre.

La bambina è inoltre terrorizzata dalle maschere riproducenti mostri.

La Ctu medico legale evidenzia in Elisa “ elevata compatibilità” dei segni riscontrati con ipotesi di abuso. La stessa consulente della difesa, Dott.ssa D’Andrea, è in parte concorde sulla compatibilità rilevata dal CTU.

Per gli aspetti sopra descritti, Elisa costituisce un valido riscontro probatorio alla dichiarazioni di Dario.

Anche Marta, figlia di Francesca Ederoclite, conferma le dichiarazioni di Dario.

Le ricerche degli investigatori si incentrano sulle famiglie già conosciute ai servizi e identificano la Marta e la Franca indicate da Dario in Marta Guandalini e la madre Francesca (detta anche Franca), Ederoclite. Esse abitano nello stesso stabile di Federico Scotta e viene accertata una stretta amicizia tra le due famiglie.

Marta è conosciuta ai servizi per una situazione di forte conflittualità tra i genitori separati. Il TM aveva predisposto un percorso di visite del padre alla figlia per una mediazione dei rapporti tra i genitori.  La madre si opponeva alle visite e ad un certo punto aveva accusato il padre di abusi sulla figlia; comunque il TM dette mandato ai servizi di fare delle visite di controllo e di regolamentare le visite. Quando la situazione si complica e aumenta questa conflittualità tra i genitori, il TM incarica di fare un’osservazione psicologica sulla bambina e una perizia psichiatrica ai genitori. Dopo l’allontanamento del 7 luglio 1997, il TM emette decreto per l’osservazione psicodiagnostica della bambina e valutazione delle sue relazioni con i genitori.

La bambina dimostra si inserirsi bene al Cenacolo francescano, non sente nostalgia di casa, è molto controllata e silenziosa. Ma, nonostante all’apparenza stia bene, l’esame diagnostico mostra un quadro molto preoccupante.

Quando viene informata del suicidio della madre, e ciò si rese necessario visto che la notizia era ormai di pubblico dominio e non si voleva correre il rischio che la bambina potesse venirlo a sapere in modo incongruo da altri, Marta piange in modo contenuto e poi si chiude in silenzio: il giorno dopo si presenta al colloquio con la psicologa vestita a festa, come se niente fosse accaduto.

Dopo la visita medica dalla Dott.ssa Maggioni, che la informa sommariamente e doverosamente di aver trovato dei segni, Marta dice che ha ragione, poi si chiude in sé per tre giorni, non mangia, non vuole andare a scuola né giocare. Dopo qualche mese, a metà dicembre, inizia a raccontare a Suor Aderita  di abusi  subiti dal padre.

Successivamente, sempre alla suora, racconta di due uomini, tali Marco e Matteo, da cui andava accompagnata dalla madre. Queste persone compivano atti sessuali con lei, riprendendo con macchine fotografiche e filmando, e la madre riceveva soldi da loro. Si riferisce spesso ad Elisa, ma dice che ella non era presente a casa di Marco e Matteo; allo stesso tempo dice però che è meglio che Elisa non torni a casa sua ed esprime paura verso Federico, che una volta l’avrebbe accompagnata a questi incontri e, in un ‘altra occasione, sarebbe andato al Cenacolo con la madre. Suor Aderita riferisce in dibattimento di quest’ultimo episodio:” la bambina era rimasta ferma su una panchina, non era andata incontro alla madre e aveva un’espressione impaurita; mi ha chiesto come aveva fatto la madre a trovare la strada. Insieme alla madre c’era Federico Scotta”.

Le rivelazioni di Marta sono frammentarie e mostrano una certa ambivalenza: da una parte la bambina dice di voler rivedere la madre, dall’altra dice che a casa non stava bene. Quando le si chiede il perché, dice che era perché le facevano del male.

In seguito, dichiara che non era stato il padre a farle del male, ma la mamma le aveva detto di dire così. Le perizie mediche stabiliscono “elevata compatibilità con abusi sessuali”.

Dall’audizione protetta emergono elementi che confermano le dichiarazioni di Dario e Elisa; Dario aveva fatto il nome di Marta, della madre Franca o Francesca( si appura che veniva chiamata in entrambi i modi). Anche la bambina parla di un dottore che visitava il sedere e di un certo Matteo, poi non identificato, proprio come  Elisa. Elisa riferisce la circostanza del dottore, probabilmente riferitale da Marta.

La bambina dice che anche Federico l’aveva accompagnata una volta da Marco e Matteo Le perizie mediche danno inoltre  esito inequivocabile, affermandosi per Marta la pregressa sussistenza di rapporti completi.

  1. Alfredo Bergamini, Maria Rosa Busi, i riscontri alle dichiarazioni di Dario-

Pablo Trincia descrive Bergamini come un tipo rissoso con una certa inclinazione a  commettere piccoli reati, ma in fondo innocuo. Non sembra dagli atti che fosse proprio così.

Dario riconosce Bergamini nelle fotografie che gli vengono mostrate dal PM; dice che Ales è “quello con il bambino in braccio”. L’aveva già descritto come un omone grande con la barba e i capelli scuri. Viene anche riscontrata la sua convivenza con la Busi, e che erano amici del Galliera Romano, come aveva detto Dario e confermato il fratello Igor.

Il Galliera aveva anche procedimenti penali in concorso con il Bergamini, per emissione di assegni senza provvista. Nel 1993, riferisce l’Ispettore Pagano, era stata eseguita una perquisizione a casa del Bergamini, volta alla ricerca di stupefacenti. Furono  rinvenute, tra l’altro, fotografie a chiaro contenuto pervertito, fatte con una polaroid, che ritraevano Bergamini e tale Gino Remondi. Fu trovata anche la polaroid, e il Bergamini in proposito si contraddice, dicendo la prima volta di non possederne da vent’anni, la seconda volta invece da sei, sette anni.

Dario aveva parlato di foto, scattate da Ales proprio con una polaroid. Gino Remondi si scoprirà essere un assiduo frequentatore di un pub di Finale Emilia, assieme alla famiglia Giacco.

Il Bergamini si contraddice anche sulla conoscenza di Dario. Prima dice di averlo visto solo due volte, di cui una da lontano, di non avergli mai parlato, poi invece afferma che il bambino sa bene come si chiama e che lo conosce.

C’è anche la confidenza fatta da Igor Galliera, che di ciò riferisce in aula, a Bevilacqua Daniele, il quale a sua volta lo riferisce all’operatore dei servizi Malaguti Michele, sul fatto che Bergamini avesse rapporti sessuali con minori. Tale affermazione non è considerata una prova per il fatto storico, in quanto è riferita due volte de relato, ma è riscontro per l’identificazione del Bergamini.

Inoltre, Dario si riferisce al Bergamini come presente a tutti gli incontri con gli abusanti, tranne che nel Natale 1996. Infatti, e ciò corrobora la veridicità della testimonianza di Dario, in quella data il Bergamini era in carcere (dal 23.11.96 al 24.01.97).

Altro importante riscontro a Dario sono le dichiarazioni rese in dibattimento dal fratello Igor: egli ammette qualche atto a contenuto sessuale con il fratello; ammette che il padre aveva portato il fratello più volte dalla Rosa Busi, anche se dice di non saperne il motivo, contrariamente a quanto aveva affermato il Galliera padre cioè di aver portato Dario dalla Rosa solo una volta; ammette di aver allungato le mani sulla sorella; ammette di aver sentito una notte gridare il fratello, che dormiva con i genitori, che diceva al padre di lasciarlo dormire. Ritratta poi sul fatto di aver detto al Bevilacqua che il Bergamini “se la faceva con i bambini”.

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