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TESTIMONIANZE COLLETTIVE DELLE VITTIME
         (prima della costituzione del Comitato)

Comunicato alla stampa e ai media

( 27/01/2018)

 

Siamo alcuni dei bambini, oggi adulti, che, come si è affermato, furono “rapiti dallo stato” a seguito della ormai ventennale vicenda riguardante i pedofili-satanisti della bassa modenese.

In tutti questi anni abbiamo assistito a varie esternazioni pubbliche, su giornali, televisione e ora anche su internet, da parte di coloro che furono imputati nei vari processi, oltre che di psicologi, giornalisti, avvocati, politici e quant’altro. Tutti pronti a dire la loro ”verità”, ad accusare di incapacità, di errori, e , in alcuni casi, più o meno velatamente, di comportamenti anche più gravi tutti coloro che all’epoca, a vario titolo, si occuparono dei fatti; pronti ad accusare i bambini di aver detto bugie, anche affermando, come nei confronti di qualcuno di noi, presunti e mai provati problemi psichici.

Non abbiamo mai avvertito finora la necessità di partecipare a questa specie di circo mediatico per dire la nostra; abbiamo le nostre vite e le nostre famiglie, siamo sereni e liberi, e queste sono le cose importanti; rassicuriamo tutti, per quanto di interesse, che non ci siamo mai sentiti “rapiti”, dalle istituzioni, ma, al contrario, da queste tutelati e protetti, né abbiamo mai avuto “padroni”. Infatti, non abbiamo pianto né protestato in alcun modo quando fummo allontanati dalle nostre famiglie d’origine, non abbiamo mai chiesto in questi anni di rivedere i nostri parenti naturali, non abbiamo pianto quando abbiamo saputo che qualcuno di loro non c’era più.

Finora non ha avuto senso per noi replicare a tutta quella gente che andava sbandierando la propria innocenza e le pretese incompetenze altrui; la giustizia seguiva il suo corso ,come doveva, e tanto era per noi sufficiente. Avevamo già detto quello che c’era da dire all’epoca dei fatti e non c’era nulla da aggiungere, se non dare conferma, come intendiamo fare ora, di ogni nostra dichiarazione. Siamo convinti di quella che sembra oggi una ormai obsoleta concezione e cioè che i processi si devono fare solo nelle aule dei tribunali, non sui giornali o in qualche trasmissione televisiva, dove una storia così difficile e dolorosa è stata spesso propinata senza alcuna conoscenza dei fatti e degli iter giudiziari tra una ricetta di cucina e un oroscopo.

La giustizia ha poi in effetti seguito il suo corso, in tante ipotesi giungendo a pesanti condanne, in altre ad assoluzioni. In ogni caso, contrariamente a quello che è oggi la tendenza predominante, noi rispettiamo tutte le decisioni dei giudici, comprese quelle, ovviamente per noi più difficili da accettare, che hanno portato ad assoluzioni. Pensiamo che ogni persona è innocente finchè non ne viene provata la colpevolezza, ma pensiamo anche, in relazione a qualche episodio dei giorni scorsi, che se una persona è condannata con sentenza definitiva debba essere ritenuta colpevole, a meno che non intervenga una revisione, e, prima che ciò accada, si dovrebbe avere una qualche remora a farle sostenere pubblicamente e senza contraddittorio, rielaborazioni delle sentenze del tutto soggettive .

Nel dibattito di questi ultimi tempi queste nozioni di civiltà fondamentali, che non occorrerebbe neanche ribadire, ci sembrano purtroppo dimenticate da tutti, in primis dai media. I processi che vengono fatti sui giornali, in tv ecc. hanno sentenze già scritte prima di cominciare o riformano quelle già fatte: ma è possibile che a nessuno venga mai il minimo dubbio? Sembra che qualcuno si sia posto qualche interrogativo prima di dar corso al suo progetto di raccontare la storia, ma forse si è voluto respingere una verità (quella vera), che fa troppa paura.

I motivi che ci portano ora a scrivere queste poche righe, come si sarà capito, non riguardano il merito delle questioni: ripetiamo che per quello che ci sono stati e ci sono i giudici, noi non possiamo che riconfermare ciò che dicemmo a suo tempo. I motivi riguardano il metodo che è stato usato in   tutti questi anni, in modo ancor più marcato negli ultimi tempi: metodo che è impostato su un binario a senso unico. Non si fa che parlare delle assoluzioni, peraltro rese in alcuni casi per insufficienza della prova, ma non una parola sulle numerose e pesanti condanne per reati gravissimi, che pure ci sono state (l’11 gennaio scorso in una trasmissione televisiva si ribadiva più volte che tutti erano stati assolti, salvo dire solo alla fine due parole frettolose sulle condanne!!). Non una parola sui bambini, che meriterebbero rispetto, in quanto vittime accertate di reati sessuali, e per lo più intrafamiliari. Anzi, si è pensato bene di scaraventare in rete i video delle loro deposizioni (protette), rese agli inquirenti, in spregio assoluto, oltre che di norme giuridiche (ma non è qui la sede per parlarne), di ogni principio etico, morale e deontologico. Infine, sui media e in pubblici dibattiti, si da spazio a persone, che hanno scontato pesanti condanne per aver abusato dei propri figli, permettendogli di fare appelli nei quali si insiste nel volerli rivedere e ricostruire un rapporto!! Per quanto personalmente ci riguarda, non intendiamo rivedere né riparlare con nessuno dei nostri ex parenti, che stanno solo perdendo tempo insistendo in questa direzione.

Che dire, se non stendere un velo pietoso su questo circo barnum dell’ipocrisia e della superficialità, e augurare a tutti che, dopo questo, possano dormire sonni tranquilli, se la loro coscienza glielo permette.

Ancora, si spara nel mucchio, accusando indistintamente tutti i giudici, psicologi, assistenti sociali e periti delle peggiori colpe, senza concedere a nessuno il benché minimo beneficio del dubbio. I colpevoli sono diventati innocenti e gli innocenti sono colpevoli, senza possibilità di appello, con sentenze già scritte, peraltro sulla base del nulla assoluto.

Qualcuno, negli ultimi giorni, si è riferito alla storia della bassa modenese accostandola ad un paese straniero dove in passato ha dominato un tristemente noto dittatore; qualcun altro ha parlato di “caccia alle streghe” e di altre simili amenità. Ma quelle stesse persone, oggi, cosa stanno facendo, se non le stesse cose che asseriscono essere avvenute allora e di cui si pretendono vittime? A noi pare, al contrario, che oggi, non allora, si sia instaurato un clima di caccia alle streghe, o di “dagli all’untore”, nei confronti di persone che hanno seriamente lavorato per noi, con coraggio e abnegazione, quando nessuno lo voleva fare, e che ci hanno permesso di diventare quelli che siamo e di avere la vita che abbiamo; persone che meritano rispetto per la loro professionalità, oltre che per la loro umanità, persone che non hanno mai urlato, servendosi degli stessi mezzi di chi urlava contro di loro, anche se avrebbero potuto farlo. E’ a loro soprattutto che va il nostro pensiero, perché siamo veramente stanchi di assistere inermi a questo massacro mediatico, che non ha nulla a che vedere con quello che dovrebbe essere la vera informazione, né può trovare giustificazione in una ormai fin troppo abusata “libertà di stampa”. La nostra coscienza si ribella a tutto ciò che è stato detto contro coloro che hanno speso anni delle proprie vite per farci superare tutto quello che è accaduto, e, oggi che siamo adulti lo possiamo ribadire con cognizione di causa, in modo del tutto corretto e professionale.

Non possiamo che ringraziare gli psicologi, gli operatori dei servizi sociali e ogni altra persona che ha creduto in noi per tutto ciò che hanno fatto.

Vogliamo altresì esprimere il nostro riconoscimento all’Associazione Nazionale Magistrati per il loro recente comunicato e solidarietà a tutti i giudici che negli anni si sono occupati dei processi, e pensiamo che quando si attaccano i magistrati, molto spesso vuol dire che non si hanno più risorse per dar credito alle proprie idee.

27 gennaio 2018

Comunicato alla stampa e ai media

(20/11/2018)

 

Eccoci qua di nuovo; siamo gli stessi che inviarono la lettera alla stampa il 27 gennaio scorso, ed ora intendiamo ribadire ciò che dicemmo in quell’occasione. Dopo l’ultima puntata di “Veleno”, il circo mediatico si è arricchito di nuove comparse e “coup de theatre”.   Abbiamo nuovi testimoni, abbiamo i politici locali che entrano in scena e convocano gli operatori dei servizi che venti anni fa si occuparono della vicenda, paventando chissà quali irregolarità e ruberie.

Crediamo che tutto ciò sia a dir poco grottesco, e queste iniziative ci fanno dedurre che alla fine anche la politica voglia mettere in discussione, oltre all’operato di precedenti amministrazioni, anche l’operato dei giudici che all’epoca portò a non poche sentenze di condanna, divenute definitive.

E’ evidente che furono stanziati dei fondi per aiutare i bambini e le famiglie affidatarie, come è nella normalità di casi del genere.

Non capiamo dove si voglia arrivare: ci sono persone che hanno lavorato, e duramente, ci sono famiglie che ci hanno accolto. Forse i giornalisti lavorano gratis? Forse gli avvocati che si danno da fare per riaprire i processi lavorano gratis? Non crediamo proprio. Perciò, qualcuno ci spieghi cortesemente di cosa stiamo parlando.

E poi, se tutto risulta dalle carte, (di facile consultazione), cioè le somme stanziate, gli incarichi, i contratti ecc. dov’è lo scandalo? Dov’è il torbido che insinuate ci sia stato? Dov’è poi il conflitto di interessi che spesso viene tirato in ballo quando non si sa dove andare a parare ma di sicuro serve per enfatizzare il tutto e per trovare qualche appiglio.

Ci sembra che, come al solito, si usi il metodo di scaricare vagonate di fango addosso alle persone allo scopo di gettare fumo negli occhi alla pubblica opinione.

Quanto ai nuovi testimoni, posto che ciascuno può dire quello che vuole e se ne assume la responsabilità, e posto che, nelle sedi opportune, le loro dichiarazioni verranno vagliate al setaccio e non prese come oro colato, (sarebbe bene che le persone fossero al corrente di questo piccolo particolare ) riteniamo del tutto scorretto ingenerare l’opinione, come si sta facendo, che siano portatori di verità assolute.

C’è anche la nostra di verità, ricordatevelo, e ogni tanto tenetelo presente, se non altro per dare almeno una parvenza di par condicio.

Soprattutto, teniamo a dire che sarebbe l’ora di finirla con il denigrare le nostre persone, in modo del tutto scorretto e infondatamente: all’epoca dei fatti, non eravamo “bambini disagiati” o in condizioni di “instabilità psichica”, come anche qualcuno da Oltralpe insiste a dire tutte le volte che apre bocca. Basta con i giudizi e le diagnosi sentenziati senza conoscere fatti e persone.

Qualcuno pensa di essere arrivato alla verità assoluta, quella che va al di là di ogni ragionevole dubbio, in spregio anche alle molte sentenze di condanna, ma sappia che ciò non è e non sarà mai possibile, quantomeno perché ci siamo noi, e con noi altre persone, che saranno ferme nel sostenere la propria posizione, come lo furono all’epoca dei fatti.

Sig. Trincia, lei si sbaglia quando dice che noi siamo quelli che credono di essere stati vittime dei reati che all’epoca furono contestati; no, noi non lo“crediamo, lo “siamo stati” . Se su alcuni di quei reati non furono raccolte prove sufficienti, non ci possiamo fare nulla, ma questo è quanto.

Lei si sbaglia quando dice che siamo stati portati via alle nostre famiglie senza motivo: le possiamo assicurare che i motivi c’erano, eccome, e siamo felici di essere stati allontanati da loro, che ci hanno causato la sofferenza di tanti anni. Si sbaglia quando dice che siamo stati influenzati o addirittura costretti a dire delle cose e ad accusare persone: lei non c’era, noi sì, e, per quanti sforzi faccia, non potrà mai comprendere ciò che abbiamo vissuto e che abbiamo superato grazie a tante persone che oggi sono ingiustamente vilipese.

La pensi pure come vuole, e con lei altri. Vorremmo solo invitare tutti a leggersi le carte processuali e a studiarsele con attenzione, non solo a prendere ciò che fa comodo, prima di parlare ed emettere sentenze senza appello, e ad avere rispetto per le vittime di reati ormai accertati con sentenze definitive.

Ci firmiamo con i nostri veri nomi.

 

20 novembre 2018

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